-IL PUNTO- Educare i ragazzi: primo dovere dello sport
Andrea, 12 anni, l’altra sera si lamentava negli spogliatoi: «Mio padre non mi capisce… Gli ho chiesto di comprarmi il nuovo telefonino e mi ha detto no. Questo che ho non ha nemmeno il Bluetooth». Mentre finiva di cambiarsi per iniziare l’allenamento continuava a borbottare. Quella stessa mattina avevo letto un’inchiesta del “Corriere della Sera” sull’aumento del prezzo dei cereali nel mondo, con la conseguenza che in Africa e Asia migliaia di bambini e ragazzi muoiono letteralmente di fame. L’inchiesta sottolineava che la quantità di cereali oggi prodotta basterebbe a evitare tante di quelle morti, se non fosse che una parte del raccolto mondiale viene distrutto per evitare che i prezzi si abbassino troppo. Proprio così, in Africa e in Asia i bambini muoiono di fame e noi del mondo «civilizzato» preferiamo bruciare il grano per tenere i prezzi alti piuttosto che usarlo per sfamarli. Ci ripensavo, ascoltando Andrea. Sono corso al bar della società sportiva, ho preso quelle pagine del Corriere e sono tornato da Andrea. Lui era già in campo. L’ho raggiunto e gli ho mostrato il giornale: «Vedi, ti lamenti per un telefonino… Lo sai che migliaia di ragazzi come te muoiono di fame? Ci hai mai pensato? Sono persone come te, che non hanno nulla per vivere. Tu sei qui a divertirti e a giocare, eppure riesci a non essere contento. Prova per un solo secondo a metterti nei loro panni…» «Altro che telefonini dell’ultima generazione e Ipod, loro sognano solo una ciotola piena di cereali. Altro che lamentarti perché domenica hai giocato appena dieci minuti, loro sognano un pallone sgonfio, vecchio e malandato con il quale poter fare due tiri agli angoli delle strade…». Ho lasciato Andrea al suo allenamento. Un paio d’ore dopo il suo mister mi ha chiesto: «Che cosa hai detto ad Andrea? Oggi nel fare allenamento era diverso. Non l’ho mai visto così attento e disponibile. Pensa che alla fine, senza che nessuno glielo chiedesse, ha ritirato lui palloni e cinesini. Non l’aveva mai fatto». A volte dobbiamo avere il coraggio di provocare i ragazzi, di scuoterli, di fargli discorsi scomodi. Nascondergli le ingiustizie del mondo non li protegge, tutt’altro. Dobbiamo avere il coraggio di credere in loro e di mettergli davanti i veri valori della vita. Qualche volta serve, qualche volta no. L’importante è continuare pazientemente ad aiutarli a incontrare il vero senso della vita. È il nostro compito di educatori.