-IL PUNTO- Il diritto al gioco, Salvatores accende la luce
Francesco, 12 anni, domenica è uscito dal campo arrabbiato. Il suo mister lo ha sostituito a dieci minuti dalla fine. Francesco si è diretto verso gli spogliatoi sbattendo per terra la sua maglietta. Dopo la doccia è salito sulla macchina di suo padre con un broncio che non finiva più. La faccia di Francesco mi è venuta in mente l’altra sera quando, a Roma, ho assistito alla proiezione in anteprima del documentario di Gabriele Salvatores su «Inter Campus nel mondo». Un’ora esatta di immagini per raccontare la storia di un’iniziativa che oggi è presente in 19 Paesi “difficili” nel tentativo di regalare - con un «pallone e una maglietta» - ai bambini quel diritto al gioco che, nella loro infanzia, non hanno mai avuto. Camerun, Cina, Iran, Brasile, Bosnia, Colombia, Romania… Paesi diversi, storie e sofferenze differenti. In comune quelle immagini che ti bucavano il cuore: gli occhioni di quei bambini che sprizzavano della stessa immensa felicità nel correre dietro ad un pallone. Per loro poter giocare a calcio, fare allenamento, significa toccare il cielo con un dito. Quelle immagini le avrei fatte vedere subito a Francesco (che anche se imbronciato aveva la faccia del ragazzino sveglio e perspicace). Mi sarebbe piaciuto dirgli: «Ti sei mai chiesto quanti bambini, nel mondo, oggi non hanno la fortuna di poter giocare? Non hanno scarpe con i tacchetti, né maglie da indossare; non hanno campi di pallone. Ma soprattutto non hanno allenatori che gli insegnano e gli vogliono bene! E tu riesci ad arrabbiarti perché hai giocato dieci minuti in meno? Pensaci bene, caro Francesco». Non nascondo che il documentario di Salvatores ha fatto riflettere anche me. Come possiamo, come educatori, stare sereni sapendo che - oggi - a centinaia di migliaia di bambini nel mondo è ancora negato il diritto al gioco? Certo, possiamo fare poco. Certo, abbiamo già mille problemi nel portare avanti le nostre società sportive e i ragazzi che ci sono affidati. Certo, quello che facciamo è già tantissimo. Ma resta il fatto che non possiamo non pensare a quei bambini, ai loro occhi tristi ed alla gioia che un semplice pallone potrebbe regalargli. Nelle immagini di Salvatores, indirettamente c’era anche un po’ di CSI. Come forse sapete in Camerun, in Albania, in Romania ci siamo anche noi. Ci siamo con progetti seri che si portano avanti da anni grazie ai Comitati territoriali e alle società sportive. Forse è sognare troppo, ma resta il fatto che di quei bambini non possiamo dimenticarci. Nemmeno per un giorno.