10 ottobre 2016

Bosio: “Sport è gioco, non azzardo!”

Sul caso Intralot-Figc le perplessità del presidente del Csi

In un’intervista rilasciata il 9 ottobre al quotidiano Avvenire, il numero uno del Centro Sportivo Italiano ha commentato la vicenda relativa al recente accordo di sponsorizzazione siglato tra la Federcalcio e la società di scommesse sportive

Nei giorni scorsi la Figc ha reso noto l’accordo di partnership con Intralot, società del gruppo Gamenet, che sarà Premium Sponsor delle Nazionali italiane di calcio fino a tutto il 2018. Tale notizia ha scatenato un intenso dibattito che ha interpellato il mondo della politica e dello sport. Per il Centro Sportivo Italiano la scelta della Federcalcio ha infatti una ricaduta negativa specialmente sui ragazzi, come ha dichiarato il presidente nazionale Vittorio Bosio in un’intervista pubblicata sul quotidiano Avvenire di domenica 9 ottobre - a firma di Umberto Folena - che riportiamo integralmente:

 

«A questo punto, per coerenza, mi domando se sia opportuno ricevere ancora il contributo dal Coni ». Vittorio Bosio, presidente del Centro sportivo italiano (Csi), sa bene che sarebbe una decisione grave: «Sarebbe dura tirare avanti, ma forse è necessario un gesto di coraggio». Perché indirettamente quel contributo – un milione 800mila euro all’anno – proviene dal gioco d’azzardo. Non più dal vecchio, tutto sommato innocuo Totocalcio. «Non possiamo limitarci a parlare e denunciare. Occorre dare segnali forti, coerenti con la nostra linea educativa».

Presidente Bosio, come giudica la decisione della Federcalcio di accettare come sponsor una multinazionale dell’azzardo?

Sono molto preoccupato per la ricaduta negativa sui ragazzi. Non solo i 'nostri', ma tutti. Passa un messaggio devastante. E mi sento preso in giro quando leggo che quei denari verrebbero anche investiti nella lotta alle ludopatie: ma di che cosa parliamo? Sì, sono preoccupato come persona e come Csi. E poi il gioco è altra cosa. Ci rubano le parole.

La parola azzardo non si può pronunciare.

Infatti. Attorno alla parola 'gioco' viene costruito un colossale equivoco. Per un ragazzo, 'gioco' ha un significato ben preciso: tocca a noi restituirgli quello autentico, che niente ha a che fare con l’azzardo.

Secondo lei, perché l’azzardo non viene percepito per quello che è, un’emergenza sociale?

Fa comodo parlarne il meno possibile, tenere il tema sotto traccia. Ma fatico a pensare che i nostri governanti non ne sappiamo niente. Allora perché se ne disinteressano?

I tanti soldi dell’industria dell’azzardo possono costituire una forte tentazione. Il Csi è mai stato avvicinato?

Il Csi direttamente no. Però un’estate ci siamo ritrovati al Meeting di Rimini sotto un capannone sponsorizzato da Lottomatica, nostro malgrado. È stato molto faticoso. Chi aveva accettato quello sponsor probabilmente aveva sottovalutato le implicazioni negative. Per fortuna fu un episodio isolato.

Intanto lo sport italiano dipende, tanto o poco, dai soldi dell’azzardo.

Noi, come tutti, riceviamo un contributo annuale dal Coni. In parte, e indirettamente, sono soldi dell’azzardo. Lo sport italiano sta in piedi così. Mi sto domandando: è giunto il momento di un gesto di coraggio? Non so quanto e come potremmo andare avanti, il modo lo troveremmo. Ma non possiamo limitarci alle parole, alle denunce. Dobbiamo smarcarci da un certo sistema. Comunque, presto lanceremo un’attività sportiva con uno sponsor contro l’azzardo. I nostri ragazzi devono sapere, prendere coscienza, essere informati per poter compiere scelte libere e responsabili.

Lei sta dicendo che il Csi potrebbe rinunciare al contributo del Coni?

Se vogliamo che il mondo dello sport cambi, dobbiamo prendere in esame anche un’ipotesi estrema come questa. Occorrono gesti forti, scelte incisive, messaggi chiari.

Intanto di Federcalcio e Intralot si parla, l’operazione non è rimasta nell’ombra. Non è un segnale positivo?

Merito soprattutto di Avvenire, ma sugli altri giornali, e nei tg, tutto questo parlare non lo vedo. E temo che tra poco non se ne parlerà affatto. Invece il tema va tenuto vivo.

La promozione sportiva è dunque l’ultima trincea di uno sport che crede nei valori e li vive?

In trincea ci siamo da sempre semplicemente facendo il nostro lavoro. Per noi è normale. Ma in trincea non siamo soli e segnali di speranza ce ne sono. Penso alla Junior Tim Cup, il torneo degli oratori che la Lega Calcio finanzia con le multe date ai calciatori. La Lega non è la Federcalcio, lo so. Però gli incontri tra mondi apparentemente lontani avvengono, e per fortuna, perché abbiamo bisogno gli uni degli altri. Credo che diverse società di serie A sarebbero disponibili a collaborare. Penso a Bergamo, la mia città, dove l’Atalanta mette a disposizione i propri formatori per i nostri corsi.

E i calciatori?

Anche qui gli spiragli ci sono, e tanti. Spesso i ragazzi vengono incontro ai nostri bisogni. Il loro mondo sembra solo apparenza, ma anche in serie A giocano tanti atleti sensibili. Spesso sono i nostri ragazzi degli oratori. Che si ricordano bene dei valori appresi e vissuti.

Bosio: “Sport è gioco, non azzardo!”