- IL PUNTO- Giochi di Pasqua, giochi della pace
La “pelota pasquale”, secondo la tradizione, era un tipico gioco medioevale in cui i chierici e i vescovi si lanciavano la palla, persino all’interno delle chiese arredate per la solennità pasquale. Contemporaneamente, al suono d’organo, danzavano e cantavano attorno a un labirinto disegnato per terra. In questi giochi conventuali, si utilizzavano due elementi quali la palla e la danza, espressioni tipiche della corporeità, per esprimere la gioia del Risorto e trasmettere con gesti tipicamente ludici la sacralità pasquale. La palla rappresentava il simbolo di Cristo, il “risorto sole pasquale”; la danza, invece, diventava espressione del dinamismo universale che opera e si incrocia col labirinto della vita. Mistero e gioia umana si fondevano insieme. La “pelota pasquale” fu giocata ad Auxerre (Francia) fino al 1538. È il teologo Rahner a ricordarci questi episodi, per sottolineare l’importanza della Ecclesia ludens, una Chiesa che è capace di mostrare all’uomo d’oggi «la capacità di giocare». Ed è proprio guardando all’imminenza della gioia pasquale offertaci del Cristo Risorto che aumenta in noi il desiderio di «far nuove tutte le cose» e ridare al gioco il giusto valore educativo. Farebbe certamente notizia un gruppo di cardinali e vescovi che giocano a palla sul sagrato di San Pietro, danzando l’inno alla vita. Certo fa meno notizia e molto più chiesa l’impegno ecclesiale costante a favore dello sport come testimonia l’indagine “Oratorio e Sport”, presentata recentemente in Lombardia. Una sua prima lettura evidenza che laddove c’è una società sportiva iscritta al Centro Sportivo Italiano che fa attività in oratorio le scelte educative sono più precise, si è attenti alla crescita di gruppo, i dirigenti sportivi sono integrati in oratorio, i rapporti tra società sportiva e oratorio sono fortemente positivi. Magari non sarà un «gioco conventuale», ma il sorriso donato dagli allenatori ai ragazzi sui campi da gioco, il coinvolgimento delle famiglie per un pensiero di gratitudine a Dio, l’accoglienza nelle parrocchie di chi ha una pelle, una religione, una lingua diversa, rappresentano la novità pasquale di chi attraverso lo sport ama la vita e la serve nei piccoli. Buona Pasqua, quindi, a chi gioca ed insegna a giocare. La sua vita sarà meno triste e gli uomini lo ameranno sempre più.