14 maggio 2017

“Sostenere la cultura dell’incontro”

L’ impegno delle realtà ecclesiali in Retinopera ad essere “moltiplicatore positivo di tante esperienze belle vissute nelle nostre realtà”.

Questo lo sforzo di Retinopera nelle parole del suo coordinatore, Franco Miano, che sabato 13 maggio a Roma ha concluso il convegno nazionale “Il senso del lavoro oggi. Famiglia, giovani, generazioni a confronto sul presente e sul futuro del lavoro”. Il richiamo alla ricerca del “lavoro che vogliamo” che sarà al centro della prossima Settimana sociale (Cagliari, 26-29 ottobre 2017)

Voci autorevoli, ma soprattutto, testimonianze di attualità che hanno evidenziato come il tema del lavoro oggi costituisce una meta ma anche una sofferenza al punto tale da non consentire di vivere con serenità, lasciando la persona coinvolta nella precarietà totale. Per le leggi ora vigenti anche per chi un lavoro lo dispone vi è una precarietà totale. Così, ancora una volta, Retinopera ha focalizzato la sua attenzione al tema del "senso del lavoro oggi" con un interessante convegno che ha visto la presenza del Csi con il Direttore dell'Area Sport e Cittadinanza, Sergio Contrini, a Palazzo Rospigliosi in Roma sabato 13 maggio. Due i momenti centrali che hanno raccolto l'attenzione dell'ampia e qualificata platea presente.
Umanamente "incredibili" le storie esposte da alcuni giovani che già avevano descritto la loro esperienza a TV2000 e che, nel contesto di Retinopera, sono stati presentati e guidati da Piero Badaloni. Volti di giovani che, non nascondendosi, hanno trovato il coraggio di segnalare le loro attualità. Tentiamo così di riassumerle: Angelo, impiegato con l'Agenzia del Governo per l'inserimento di disoccupati nel mercato del lavoro, precario lui stesso, il lavoro non ce l'ha più. Alessandro, precario da sette anni nei Tribunali, guadagna 400€ lordi mensili senza ferie e malattie. Daniel, architetto, è ora per scelta imprenditore agricolo, vive quotidianamente con denti stretti, ha trovato aiuto nella Coldiretti ed ora produce zafferano. Ha denunciato l'impossibilità ad utilizzare i fondi della Comunità Europea e l'incapacità delle istituzione pubblica nel guidarla. La ragazza della Calabria, Luisa, si è dedicata al recupero dei bachi da seta ricevendo l'aiuto del solo Comune che le ha dato in concessione un terreno abbandonato. Barbara, ricercatrice universitaria, ha detto: "formo generazioni di studenti ma sono precaria", "l'Università si regge sui precari della ricerca". Mattia, giornalista a tempo, vive scrivendo pezzi a 20€.

Testimonianze talmente forti da scuotere i presenti e che hanno introdotto e orientato altri autorevoli relatori, coordinati da Leonardo Becchetti, tentando di mettere a nudo altre situazioni che gravano sul mondo del lavoro. Petteni, segretario CISL, ha ricordato come "il vero articolo 18 è la formazione". Vernola di Confcommercio ha ricordato che "non ci sono scuole che formano per i mestieri". Gatti, Direttore Generale di Federcasse e Vice Presidente del Comitato per le Settimane Sociali ha ricordato opportunamente che "le settimane sociali da 110 anni realizzano il più antico "giro d'Italia" e infine, Marco Leonardi, consigliere economico di Palazzo Chigi, che ha ricordato come "la tecnologia cambia il mondo del lavoro e il giovane si sente inadeguato" e ancora come si veda "l'Europa ancora troppo impegnata nei numeri che danno poco speranza", ovviamente ha pure richiamato tutte le iniziative legislative assunte dal Governo. Brevi ma efficaci le conclusioni di Mons. Filippo Santoro, Arcivescovo di Taranto e Presidente del Comitato Scientifico e Organizzatore delle Settimane Sociali (che aveva aperto i lavori unitamente al Coordinatore di Retinopera, Franco Miano). Quattro i punti: il tema della disoccupazione nelle prospettive dell'allargamento della povertà, il lavoro femminile e le articolazioni sulla vita famigliare con i salari delle donne più bassi, la distanza tra il sistema scolastico e il mondo del lavoro, sfida dell'innovazione tecnologica consapevoli che il lavoro non è più quello di trent'anni fa ma anche con la certezza che alla macchina non si può affidare il senso del lavoro.