“L’impossibile non esiste”. Non poteva avere titolo più appropriato la serata di sabato organizzata a margine della Conferenza Nazionale dei Presidenti CSI, se si coglie l’incipit che ha dato vita all’iniziativa: il ricordo dell’indimenticato Candido Cannavò che tramite un video proiettato nella Sala delle Cariatidi del Palazzo dei Congressi di Salsomaggiore ha riportato alla mente la sua figura, la persona attenta a conoscere il lato piacevole e curioso delle persone.
E’ bastato un solo attimo per fare scattare i ricordi legati allo storico direttore della ‘Gazzetta’ da parte degli ospiti presenti e schierati sul palco, presentati da Massimo Achini.
“Nella sede della nostra redazione c’è una stanza dedicata a Candido Cannavò: è ‘la stanza del direttore della Gazzetta dello Sport’ e lo sarà per sempre”. Sono le parole di Daniele Redaelli, direttore della Gazzetta dello Sport che aggiunge: “Candido diceva sempre che quando una persona ha vissuto abbastanza e muore praticamente senza soffrire, magari nel modo a sua detta meno doloroso, allora è inutile piangerlo”. E un applauso commosso ha abbracciato tutta la sala. ù
Questo preambolo è stato come un salto per entrare nel vivo della serata e subito Fabrizio Manoni è divenuto protagonista di un videoclip. L’alpinista ha raccontato la sua prova più grande e pericolosa alle prese con la sua passione per le montagne e le vette più alte, come quella dell’Everest che, per pochissimo, ha mancato di toccare.
Il coraggio nell’alpinismo significa fare quello che ha fatto lui: accettare una sconfitta al punto di decidere di tornare indietro a soli 110 metri dalla vetta più alta del mondo. “Mi è costato parecchio. Spesso, però, la vittoria in questi casi non consiste nel raggiungere la vetta, ma nel poter ritornare a casa.. “. Ho vissuto in modo doloroso quell’esperienza: il mio compagno alpinista si è perso a 8.600 metri. Nell’alpinismo la sensazione della presenza della morte è costante. Lì ho pensato che sarei morto: ho trascorso quella notte a 8.600 metri e paradossalmente l’essere sopravvissuto a quelle condizioni è stata la mia vittoria. Il mio motto è: mai mollare, tenere sempre duro”.
Inoltre, ad una certa altitudine c’è la regola di procedere per proteggere la propria vita, in ogni caso. Ma quando Fabrizio si è trovato accanto ad una ragazza in difficoltà con un principio di congelamento in corso, si è fermato e non solo: l’ha soccorsa e le ha salvato la vita.
Ma queste non sono state le uniche esperienze raccontate nella serata del CSI organizzata in collaborazione con la Gazzetta dello Sport e dello Studio Ghiretti. C’ è stato spazio anche per il regista e attore Gianfelice Facchetti che si è espresso come molto vicino al modo di vivere la vita e la conoscenza del mondo esterno di Cannavò.
Presente anche Felice Talgliaferri, scultore cieco che Candido apprezzò per “il suo alto livello di sensibilità delle sue mani”. “Il mio rapporto con lui c è iniziato così. Candido non ci ha fatto mai sentire disabili o ciechi: lui guardava la persona che era in ognuno di noi. La storia che racconta nel libro dice che uno dei miei sogni era di aprire una scuola. Ed ora questo sogno è diventato realtà. Il mio prossimo obiettivo è riprodurre una scultura del Cristo Velato, anzi Rivelato, in una cava di marmo all’Isola d’Elba.
Tra varie letture che hanno espresso a pieno la curiosità dei suoi occhi e del suo animo, Cannavò ha parlato di Barbara Fusar Poli e Maurizio Margaglio definendoli “due talenti benedetti da Dio”.
I campioni, che hanno conquistato l’oro mondiale nel pattinaggio di figura, non sono mancati all’appuntamento salsese per ricordare di quando Cannavò andò ad assistere ad una loro esibizione dei campionati italiani. “Si presentò assieme alla moglie che lavora nel mondo della danza e, concluso il programma mi disse ‘sei stata meravigliosa’, e questo mi ha lusingato parecchio” ha raccontato la Fusar Poli, “faceva sempre mille domande”.
“Leggendo i suoi articoli si impara a sognare” così il pattinatore Maurizio Margaglio parla di Cannavò. “Nello sport l’agonismo, dalla stessa etimologia di agonia, è lottare fino alla fine. Lui ci trasmetteva questa sensazione sia come passione per lo sport, sia come profondità personale del proprio animo”.
Assistere all’incontro è stato come vivere un rapporto diretto con gli ospiti e, a tessere il collegamento, è stato il trasporto delle emozioni che questi ultimi sono stati capaci di trasmettere, come era proprio del maestro Cannavò.
La serata si è conclusa con l’assegnazione di riconoscimenti speciali consegnati dalle mani di Don Claudio Paganini ai relatori d’eccezione della serata. Infine, l’annuncio della prima edizione della Clericus Bike, i cui dettagli sono ancora da definire, e la premiazione dei Comitati di Faenza e Firenze per il gemellaggio attivato che ha portato da subito ad una proficua collaborazione secondo Salvatore Maturo, consigliere nazionale incaricato della ricerca.
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