7 luglio 2017

S Factor: la ricetta del Csi per i giovani sportivi

Alla Camera dei Deputati si è parlato dello sport come fattore di sviluppo, coesione ed educazione oltre all’impatto economico generato dall’associazionismo. L’attività di promozione sportiva del CSI coinvolge oltre 457 mila giovani Under 18 generando un risparmio di circa 250 milioni di euro sulla spesa sanitaria pubblica

Roma, 7 luglio 2017 – “S Factor: più sport come elemento genetico e fattore di sviluppo, coesione ed educazione per le persone e le comunità” è il tema che oggi il Centro Sportivo Italiano ha portato a Roma alla Sala della Lupa della Camera dei Deputati di Palazzo Montecitorio con l’obiettivo di dare vita ad un confronto sui valori dell’attività sportiva giovanile con il Governo e la Chiesa in un momento decisivo per il futuro del paese tra la discussione sulla nuova legge elettorale e le modifiche ai decreti attuativi della riforma degli Enti del Terzo Settore.

Sono stati davvero tanti gli interventi in programma tra i quali proprio il Presidente Nazionale CSI Vittorio Bosio“La funzione del CSI nella promozione dello sport è di servizio alla comunità tutta, con particolare attenzione all’essere Chiesa, in dialogo e collaborazione con le istituzioni – ha spiegato Bosio -. Il focus è la promozione dell’attività sportiva di base e sociale tra ragazzi e giovani. Un Fattore Sportivo, che è elemento indispensabile della vita delle persone e delle comunità: serve una grande alleanza educativa e il nostro cammino vuole partire proprio da qui”.  "Il Csi si occpua di tutti, disabili, carcerati, ma ho l'impressione - ha proseguito Bosio - che dei "normali" non si occupi nessuno. Il Csi ha nel dna occuparsi di tutti con "normalità". Il valore aggiunto che abbiamo è che sappiamo fare accoglienza, senza avere la pretesa di convertire alcuno. Semmai - ha concluso Bosio - vogliamo collaborare con tutte le componenti dello sport, non per essere concorrenti alle federazioni ma partner. Siamo una comunità cristiana e ci appartiene lo spirito di servizio".
 

Al suo fianco è intervenuto anche MonsMario Meini, vescovo di Fiesole e vicepresidente della CEI: “In quasi tutte le nostre parrocchie e oratori il CSI è presente: grazie perché ci siete. Grazie a Don Alessio, grazie a tutti i volontari che si ‘confondono’ con i ragazzi, che ci stanno insieme perché il tempo loro dedicato è fondamentale”. “Voi – aggiunge Meinisiete i migliori catechisti. Invitando i ragazzi a dare ciascuno il meglio di sé fate un’educazione all’ascesi, al sacrificio, all’allenamento. Già ne parlava San Paolo nella prima lettera ai Corinzi. Educate i ragazzi a dare il meglio di sé, ordinariamente in una squadra, in un insieme”. In questo, sottolinea il vescovo, “ci trovo il modo di essere del cristiano nella Chiesa. Ciascuno chiamato a dare il meglio di sé, ma insieme”. Per mons. Meini, inoltre, “educare a saper perdere è la migliore educazione a saper vincere nella vita”, e con riferimento all’integrazione di immigrati o di ragazzi in situazioni di disagio dice: “Il futuro passa di qui”. “I nostri ragazzi – conclude – non hanno più qualcuno che sta con loro: non siate semplicemente dei tecnici ma degli amici che stanno con i giovani e li ascoltano, perché ne hanno davvero bisogno”.

Nonostante l’assenza, giustificata da impegni istituzionali, il Ministro per lo Sport Luca Lotti ha voluto far sentire la sua vicinanza al CSI: “Il compito delle Istituzioni è proprio quello di agevolare l’ingresso al mondo dello Sport e di coinvolgere il numero più ampio possibile di persone nell’attività motoria, affinché appassionati e atleti di oggi possano diventare i campioni di domani – è stato il messaggio di Lotti –. Ecco perché spetta a noi per primi possedere l’S Factor ed essere capaci di fornire gli strumenti giusti ai giovani, prima di tutto. Ma lo sport, lo sappiamo, non ha età, né barriere o confini. È una comunità aperta che allarga le braccia a chiunque”.

Il cammino dello “S Factor” è stato aperto con la presentazione di un’analisi, elaborata da SG Plus Ghiretti & Partners, in cui il CSI ha raccontato il suo impegno come “Integratore Sociale”, attraverso il valore dello sport di base e di promozione e presenta alcune buone pratiche che hanno contrastato la povertà educativa e promosso la ricchezza esperienziale, collegandola soprattutto alle tante nuove forme di fruizione sportiva ed alle differenti modalità di apprendimento dei più giovani.

I numeri parlano chiaro: l’Italia, con il 93% ai 13 anni di età, ha la percentuale maggiore di giovani inattivi rispetto al resto dell’Europa (83%), esattamente il 10% in più. La sedentarietà è causa di una maggiore predisposizione alle malattie e all’obesità oltre che dell’aumento di dipendenze, come l’abuso di alcol, e lo sviluppo di nuovi fenomeni come l’intossicazione digitale.

Si tratta di una situazione davvero critica che si traduce anche in un grave deficit economico con un costo complessivo di oltre 12 miliardi di euro, pari all’8,9% della spesa sanitaria italiana. Al contrario, con livelli raccomandati di attività motoria, si raggiungerebbero vantaggi per più di 2.4 miliardi di euro. Ancora più scoraggiante il fatto che nel 2020 i bambini raggiungeranno il grado 0 delle capacità motorie, generando di riflesso adulti meno sportivi e più inclini a malattie.

La responsabilità del Centro Sportivo Italiano, che coinvolge oltre 457 mila giovani Under 18, su un totale di 1.2 milioni di tesserati, diventa fondamentale per tenere in movimento e in relazione tra loro un alto numero di ragazze e ragazzi, permettendogli di mantenere uno stile di vita attivo, e per determinare un risparmio superiore ai 250 milioni di euro sulla spesa sanitaria pubblica. Tutto questo sarà possibile solo attraverso una vera grande alleanza sociale ed educativa, che vuole proprio partire dallo “S Factor”.

L’attività di promozione sociale attraverso lo sport del CSI si contraddistingue per la presenza capillare dell’ente sul territorio, attraverso i suoi comitati, che permette di operare nelle principali zone periferiche delle più grandi città italiane con una capacità di penetrazione fortissima: oltre 13.000 società presenti, 3.182 comuni (40% rispetto al totale delle amministrazioni italiane), 101 province e 20 regioni.

L’attività del CSI si fonda sugli oltre 135 mila dirigenti, tecnici e arbitri che, insieme a collaboratori e dipendenti formati e motivati, mettono il loro tempo a disposizione per garantire momenti di sport, di gioco e di relazione ai più giovani, un impegno che equivale a più di 10 milioni di ore di volontariato per un valore economico superiore ai 160 milioni di euro.

Enrico Giovannini: "Il Csi motore di cambiamento"

“Cattiva salute, obesità, dipendenze, operiamo sempre troppo tardi, con logiche di emergenza”. “La mancanza di sport causa costi non sostenibili per la comunità sociale - ha affermato il portavoce dell'Asvis Enrico Giovannini -; la povertà educativa determina danni gravissimi e si supera anche attraverso uno sport che crea spirito di squadra, ma se lo Stato spende soldi per l’educazione o per lo sport viene percepito come un costo”. Questo perché “il nostro mondo ha perso il riferimento della centralità della persona e della comunità”. Con riferimento ai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile Giovannini ha spiegato: “L’economia e il capitale fisico – economico senza capitale umano e sociale non riesce a produrre né benessere né un futuro sostenibile”. Di qui l’importanza di “valorizzare le relazioni e la dimensione educativa, non in termini di gestione dell’emergenza ma in termini di costruzione di capitale umano”. "Ringrazio il CSI - ha concluso Giovannini - per aver aderito all'ASVIS e invito l'Associazione ad utilizzare la nostra rete per trovare nuove sinergie e per costruire al meglio la dimensione educativa del nostro paese. Il CSI, insieme ad ASVIS, può infatti diventare un motore di cambiamento. Insieme possiamo far passare il messaggio della complessità dei 17 gol per aiutare i giovani a diventare cittadini non solo della nostra Italia ma del mondo".
 

Don Alessio Albertini: "Gratuità e volontariato per un Csi rivoluzionario"

Sono quattro le parole richiamate dal consulente ecclesiastico nazionale del Csi don Alessio Albertini: “La prima è volontariato, la grande ricchezza dello sport di oggi: chi fa volontariato è il vero rivoluzionario”. Quindi, ha proseguito Albertini “le povertà, al plurale, soprattutto la povertà educativa. Noi ci occupiamo dei poveri perché Gesù lo faceva”. “Gratuità: doniamo gratuitamente tempo ed energie”. Infine, facendo sue le parole di Papa Francesco, don Albertini ha concluso: “Il tutto è superiore alla parte. Ossia occorre fare squadra; e non solo tra noi ma anche con tutti quelli che al di fuori del CSI fanno bene le cose”.

I perché di S Factor

Presentando l’indagine sull’attività del Centro Sportivo Italiano (in allegato) a cura di SG Plus, Roberto Ghiretti ha sottolineato: “L’integrazione si fa anche sui campetti di calcio”. I campi e le palestre del CSI sono infatti “luoghi nei quali migliaia di bambini e ragazzi stranieri possono conoscere coetanei italiani e avviare processi di amicizia e integrazione”. L’Associazione è presente anche nelle 12 periferie più “difficili” del paese – come ad esempio Corvetto a Milano, Scampia a Napoli, Corviale a Roma, Zen a Palermo – con oltre 80 società e 9.400 tesserati che coinvolgono nell’attività sportiva bambini in situazioni disagiate. Un vero servizio alla comunità in dialogo e collaborazione con diocesi e parrocchie – in particolare con gli oratori – e con le istituzioni”.

A sostenere l'S Factor con uno sguardo allargato all'Europa, il Direttore Generale del Csi Michele Marchetti: "Siamo l'ente sportivo con più progetti europei e italiani in corso, attraverso i quali facciamo sperimentazioni utili a migliorarci. CSI e UISP sono gli unici enti che hanno adottato una propria “policy infanzia e adolescenza”, perchè quel patrimonio d ragazzi che genera ricchezza deve essere tutelato. Per educare alla complessità occorre una educazione quotidiana. Bisogna domandarsi - ha concluso Marchetti - quanto vale un nostro intervento? E se la risposta è che con lo sport possiamo fare la differenza, siamo già sulla buona strada".

“Occorre un patto tra il profit e il non profit. Tutti – ha spiegato il Direttore Area Comunicazione e Relazioni Esterne Stefano Gobbi – abbiamo al centro le persone e le comunità, ma occorre un nuovo protagonismo del sistema sportivo da rilanciare nei contesti educativi di scuola e università”. E ancora: “Dobbiamo pensare anche ad un rapporto con il mondo della cultura e ad un serio riconoscimento della funzione sociale dello sport pensando ad una grande alleanza con il variegato mondo del sociale”. “A me – ha concluso Gobbi – piacerebbe un capitalismo consapevole che sa produrre reddito e gestire bene le risorse a disposizione, un nuovo modello d’impresa. Un'impresa che riconosca la funzione sociale dello sport perchè le finalità e le motivazioni sono le stesse”.