4 agosto 2017

Bici truccata: il CSI non si ferma

Dopo aver sospeso l’atleta bresciano con il motorino nel telaio avanza la prima istruttoria verso un ciclista per “doping meccanico”. Il presidente del Csi Bosio: «La denuncia? Bravo il giudice. Un’azione semplice e dovuta moralmente, una bella vittoria nella corsa all’antidoping»

Il primo caso di doping meccanico in Italia (dopo i Mondiali di ciclocross di Zolder, in Belgio, nel 2016) non sarà archiviato con il solo procedimento a carico di Alessandro Andreoli, ciclista scoperto con la bici taroccata, all’arrivo del quarto Gp “Bar Sport” del Csi Brescia.

 

Il Centro Sportivo Italiano ha già prontamente attivato tutti gli organi della giustizia sportiva, dal livello provinciale di Brescia dove è stato scoperto il caso, fino alle Commissioni Nazionali Giudicante e di Garanzie, sotto il coordinamento dell'avvocato Paolo D'Arcangelo e del Procuratore sportivo Carmine Di Pinto.

 

L'atleta, sospeso al traguardo, dopo che la sua bicicletta è risultata truccata – motorino nel telaio - è tesserato con Acsi, ente di promozione sportiva diverso dal Csi, ma il Csi ha piena e totale competenza sul caso nella sua fase istruttoria essendo la manifestazione organizzata dal Csi di Brescia. Attivato dunque d'ufficio il procedimento di illecito sportivo, dopo la denuncia.

Esemplari i giudici di gara Csi nei controlli all'arrivo della gara, denunciando la frode meccanica.

Spiega Emiliano Scalfi, vicepresidente del Csi Brescia, e da 8 anni membro della commissione tecnica nazionale Csi di ciclismo: «Circolavano voci e malumori tra i corridori su alcune bici truccate, per cui ci è sembrato naturale e doveroso vigilare al massimo. Ci siamo perciò dotati della “pistola” che rileva il calore dei telai a distanza, una sorta di telecamera termica, in commercio a qualche migliaia di euro, ma ci è sembrato il minimo per garantire come piace al Csi uno sport pulito ed una competizione ad armi pari. E, rilevata l’anomalia, puntualmente abbiamo sospeso l’atleta al traguardo».

Ovviamente felice il presidente nazionale del Csi, Vittorio Bosio che così ha commentato l'accaduto: «Il ciclismo è proprio quello sport dove spesso ogni tappa ha un vincitore diverso. Nella corsa contro il doping oggi è una giornata importante per il Csi, da sempre in prima fila per contrastare chi nell'attività sportiva ricerca scorciatoie di ogni tipo. Sono orgoglioso dell'operato del giudice che ha sì fatto semplicemente il suo dovere ma credo che con questo piccolo gesto sia stata fatta una grande azione di moralità per chi come noi crede nel fattore umano e persegue chi trucca il motore. Siamo consapevoli che non è questo un successo finale, ma un bel "traguardo volante" importante nella storia delle due ruote italiane»

L'aspetto positivo della triste vicenda è questo: il Csi con i suoi giudici di gara e con gli strumenti utili per individuare la manipolazione è garanzia per il circuito ciclistico italiano, perché nessuno possa o debba pensare di farla franca, nemmeno nelle gare amatoriali - GranFondo su tutte - dove la partecipazione è arrivata a toccare numeri da record in tutta Italia.  

 

I vertici e gli organi di giustizia sportiva del Csi sono da diversi giorni già in contatto i con i vertici della Federazione Ciclistica Italiana e con la magistratura ordinaria, cui faranno pervenire ogni atto di indagine e del successivo procedimento.

Lo scopo è quello di stanare il fenomeno, risalendo alle vie di approvvigionamento dei motorini da montare sulle biciclette, a chi le adatta sui telai, verificando se - come pare - il tutto sia collegato al mercato illegale delle bici rubate.

 

Il Csi, dal 1944, educa alla vita attraverso lo sport, ma con regole certe che vanno rispettate. E perciò chi bara - a tutti i livelli - verrà perseguito.