4 aprile 2017

CSI e Giovani al seguito dello sport

Dirigenti, educatori, allenatori protagonisti del progetto educativo-sportivo si sono incontrati a Firenze per raccontarsi le loro prime impressioni, scambiarsi suggerimenti e buone pratiche sul primo periodo di start up progettuale del progetto MAPS - Come With US

Lo scorso weekend Firenze ha ospitato, nell’ambito del progetto "MAPS- Come with us”, il convegno “CSI & Giovani al seguito dello sport” in cui dirigenti, educatori, allenatori protagonisti del progetto educativo-sportivo si sono incontrati per raccontarsi le loro prime impressioni, scambiarsi suggerimenti e buone pratiche sul primo periodo di start up progettuale.
Senza perdere di mira i valori cristiani e la missione dello sport sociale del CSI, la due giorni fiorentina ha rappresentato un momento di condivisione e riflessione molto importante inaugurato dalla relazione iniziale del Consulente Ecclesiastico Nazionale, Don Alessio Albertini.
Di seguito le sue parole:

 

“La bellezza dello sport nella crescita dei giovani”

 “La bellezza dello sport nella crescita dei giovani”

Era il 5 ottobre 2016 quando Papa Francesco accogliendo nell’Aula Paolo VI i partecipanti al primo incontro mondiale “Sport e Fede”, ricordava la bellezza dell’attività sportiva: “Quando vediamo gli talenti tendere al massimo delle proprie capacità, lo sport ci entusiasma, ci meraviglia, ci fa sentire quasi orgogliosi. C’è grande bellezza nell’armonia di certi movimenti, come pure nella forza e nel gioco di squadra”.  

Una bellezza sfregiata

Questa bellezza, per sua natura superflua e gratuita, libera e volontaria, fonte di gioia e divertimento, capace di accendere le passioni, espressione di libertà… dovrebbe essere tutelata da qualunque strumentalizzazione. Quelli economici e mediatici: lo sport è oggi il business più fiorente al mondo ed il prodotto che si vende meglio. Strumentalizzazioni a fini politici o ideologici di cui è piena la storia dell’ultimo secolo: dai “panem et cicrcenses” per distrarre le folle, al nazismo e al fascismo, dalla dittatura argentina dei mondiali di calcio ai diritti umani nella Cina delle Olimpiadi, dalla scissione della ex Jugoslavia al Qatar di questi mesi. Staccandoci da questo quadro più grande e concentrandoci sulla cronaca più spicciola abbondano episodi, grandi e piccoli, in cui la bellezza dello sport vine nuovamente sfregiata: dalle liti dei genitori a bordo campo, all’imbroglio più o meno sofisticato messo in atto da praticanti amatori e anche professionisti per conquistarsi un premio immeritato, fino al diffondersi della violenza e corruzione. Sono tutti sintomi visibili di una malattia più profonda, fatta da un’ egolatria (culto del proprio io), come la definisce Papa Francesco, fatta di narcisismo, soddisfazione dei propri desideri e capricci, incapacità a relazionarsi con gli altri, competizione esasperata.

Una bellezza che attrae

Nonostante questi segni che inquinano lo sport la sua bellezza è ancora attraente per molti. Tanti ragazzi sentono ancora la spinta ad avvicinarsi a questa esperienza spinti da un’esigenza di benessere, di emozione, di relazione sociale e soprattutto di divertimento. Lo sport piace ai ragazzi ed esercita un forte richiamo, è un eccellente catalizzatore e fonte di aggregazione, occasione di socializzazione e di amicizie, consente di vivere in gruppo e di esprimere se stessi. Forse più di qualsiasi altra attività, quella sportiva investe l’intera personalità di un ragazzo che attraverso l’esercizio della sua corporeità  vede coinvolta anche la sua intelligenza, la volontà, la fantasia, la creatività, le emozioni, la festa, la gioia, l’amicizia: tutto se stesso. Inoltre la partecipazione ad un’attività sportiva diventa un’occasione per fare movimento oggi più che mai necessario a causa della vita sempre più sedentaria dovuta alle numerose ore trascorse a scuola, agli spostamenti quasi solo in auto o bus, alla sosta prolungata davanti al computer (e affini) o alla televisione.

Gioco e sport

Lo sport conserva dentro di sé una componente ludica, la voglia di giocare come esperienza naturale e istintiva ma non si riduce ad esso. Lo sport è molto più di un gioco. Per sua natura è specificatamente competitivo ed ha per fine il conseguimento di risultati che sollecitano traguardi progressivamente più elevati. Le sue regole, la disciplina che impone, il campionato che si svolge, l’iscrizione richiesta chiede ai ragazzi di impegnarsi al massimo e di dare sempre il meglio di sé. Non è semplice divertimento ed evasione ma ricerca di un risultato. Tutto ruota attorno al gusto della sfida: nei confronti degli altri e, soprattutto, di se stessi. Una competizione esigente che domanda fatica, sacrificio, lotta, impegno… ma anche felicità.

Lo sport tra risultato ed educazione

L’attività sportiva, lo dice anche l’esperienza, si trova sempre in bilico, quasi in equilibrio, tra una facile retorica che lo definisce come un’occasione educativa per far  crescere la persona e una prassi che spinge alla vittoria a tutti i costi. Purtroppo il modello di riferimento che, con maggiore frequenza, la cultura sportiva di oggi sembra offrire ai ragazzi è quella dell’uomo di successo, il cui valore viene misurato in base ai risultati che un atleta riesce a raggiungere e alla visibilità che questi sanno regalare. Se vincere è l’unica cosa che conta, allora quelli meno dotati devono accontentarsi di sedere in panchina a discapito del diritto al gioco e dell’inclusione sociale. Inoltre, se conta solo la vittoria, tutto ciò che consente di conseguirla viene, di fatto, consentito, anche l’imbroglio. Anche in questo caso fairplay, valore della sconfitta, importanza di partecipare  diventerà semplice retorica sportiva. Infine, se il valore di un atleta si misura solo in termini di risultati, quando questi non arrivano nessuno tiene conto del fatto che uno abbia dato il meglio di sé, impegnandosi al massimo: chi perde è un perdente. Affermare che la vittoria non è l’unico risultato possibile non significa, però, pensare che l’agonismo è la radice di tutti i mali dello sport. Anzi, l’agonismo è un ingrediente fondamentale nella pratica sportiva. Quando uno gioca, gioca per vincere. Tuttavia il senso più vero dello sport non si esaurisce con il conseguimento o meno della vittoria ma nel forgiare virtù e valori che possano dare frutto anche al di fuori del terreno di gioco, diventando risorse preziose con le quali affrontare le difficoltà della vita.

Cosa può insegnare la pratica sportiva ai nostri ragazzi?

Anzitutto che non si ottiene nulla senza sforzo e senza orientamento ad una mèta. Ciò si traduce nella consapevolezza che l’impegno è un aspetto importante di ogni attività umana. Ciò che vale davvero richiede impegno e dedizione. Alle giovani generazioni alle quali molto è offerto senza sforzo, risulta importante far conoscere il sapore dei risultati conquistati con sudore e tenacia.

Un altro importante insegnamento lo si può intravvedere nelle relazioni sociali che lo sport sa instaurare: il senso di appartenenza ad una squadra e le relazioni d’amicizia che nascono. La relazione diventa importante ai giorni nostri in cui si tende ad isolarsi e non pochi ragazzi vivono da figli unici. Appartenere ad una squadra significa provare piacere di sacrificarsi per un obiettivo comune. Queste relazioni portano anche ad un’evoluzione delle cosiddette competenze sociali, cioè nella capacità di gestire questi rapporti: scegliere gli amici, modulare il proprio comportamento a seconda delle situazioni e delle persone che si trovano davanti.

La capacità di competere, che è parte necessaria dello sport, ma è gestita dalle regole, che indicano come comportarsi con i compagni di squadra, con gli avversari, con l’arbitro, con l’allenatore. Il rischio di un’infanzia “sregolata”, poco contenuta da genitori troppo permissiva è stata più volte sottolineata da psicologi che ribadiscono  che non dare limiti ai figli contribuisce a renderli più fragili, disorientati e ansiosi. Lo sport con il suo apparato di regolamenti può contribuire ad un’educazione al rispetto delle regole, ad un apprendimento della disciplina  che diventa una sorta di criterio che aiuta la libertà, mettendo un ragazzo nelle condizioni di conseguire ciò che più ama.

Lo sport insegna a vincere senza arroganza. A vincere, o quanto meno a provarci, e vincere bene, lottando onestamente per mettere a frutto i propri talenti. Se si hanno le capacità per conseguire i risultati è giusto impegnarsi a fondo per realizzarli, godendo appieno della soddisfazione di aver espresso le proprie capacità. Con umiltà, perché un’ambizione non governata porta inevitabilmente fuori strada.

Lo sport può insegnare a non identificarsi con i propri errori, a perdere senza umiliazione. Anche se un ragazzo fallisce, così come se perde non è un perdente; c’è sempre una seconda possibilità. Vinto è chi si arrende alle sconfitte, non chi fallisce. Questo è il bello dello sport: dopo ogni sconfitta si può provare di nuovo, rinnovando la sfida con maggior competenza e determinazione.

Adulti competenti

Tutto questo diventa possibile solamente quando genitori, allenatori e dirigenti decidono di accompagnare un ragazzo nella sua esperienza sportiva sostenendo il suo desiderio di acquisire sempre più competenze e abilità per affrontare la vita, di misurarsi con le proprie capacità e i propri, non soltanto con quelli degli altri, di avere un senso dell’impegno e dello sforzo orientati al miglioramento delle proprie capacità piuttosto che al bisogno di primeggiare a tutti i costi.  In quest’ottica allora l’esperienza emozionante del vincere e del perdere assumerà un carattere informativo, cioè offrirà una lezione per la vita. Il mondo dello sport di oggi non ha bisogno solo di bravi tecnici, ma ha bisogno di adulti che sappiano assumersi con responsabilità  il proprio ruolo educativo accanto a quello sportivo. C’è bisogno di educatori intelligenti e preparati che allenino il corpo e l’anima dei nostri ragazzi e che insegnino come mettere pienamente a frutto tutto ciò che lo sport insegna. Come hanno scritto nel loro libro sulla filosofia del rugby Mauro e Mirko Bergamasco, “ la vita è molto più di un gioco e giocare è un bel modo, divertente ed appassionante, per imparare a viverla sul serio”.

 

Il momento associativo è proseguito con work shop, laboratori e approfondimenti inerenti all’implementazione del progetto e alla creazione e consolidamento del network tra gli operatori grazie anche alla presenza del Comitato Scientifico che per tutta la durata del convegno ha lavorato e contribuito alla supervisione dell’iniziativa.

 

CSI e Giovani al seguito dello sport