Cambiare il mondo dello sport per adeguarlo ai tempi costituisce spesso una sfida immensa, a mezza strada tra utopia e realtà, forse perché lo sport ha la tendenza ad avviarsi al cambiamento con un passo più lento della società. Si formano così “zone buie” evidenti, la prima delle quali è oggi lo sport scolastico, da sempre sospeso tra i «si dovrebbe» e «si potrebbe», con l’unica certezza di essere il fanalino di coda in Europa. Ora qualcosa si sta muovendo. A smuovere le acque è stata la lettera aperta che il presidente del Coni, Petrucci, ha inviato al ministro Gelmini per chiederle nuovi interventi a favore della diffusione dello sport scolastico. Petrucci e il ministro si sono incontrati questa settimana a Milano, decidendo di istituire un tavolo di lavoro Coni- Ministero, che avrà il compito di «ripensare e rifondare» in breve tempo lo sport nella scuola. Vietato illudersi, è consentito e consigliato sperare. L’altra “zona buia” è la mancanza di una legge quadro dello sport: tema per cui persino la speranza rischia di lasciare spazio alla rassegnazione. Giovedì sera ho partecipato in Liguria ad un dibattito sullo sport di base, che senza legge quadro resta senza regole. Si è convenuto che assistiamo a una contraddizione grande come una casa. Da un lato c’è la realtà italiana, dove lo sport “di base o di cittadinanza” vive, cresce, pulsa ogni giorno grazie all’impegno quotidiano di circa 80 mila società sportive. Dall’altro c’è il mondo delle istituzioni (Parlamento in testa) che sembra non saper leggere e comprendere la realtà. Basti pensare che negli ultimi tre decenni sono state presentate numerose proposte di legge sullo “sport per tutti”; nemmeno una è arrivata ad essere discussa in aula. Ma se vengono licenziate leggi e leggine che parlano di tutto, come fanno i nostri politici a non comprendere appieno l’importanza di riformare il sistema e consentire una migliore diffusione dello sport dei cittadini? Non stiamo parlando di un settore marginale, ma di un fenomeno sociale che coinvolge 20 milioni di persone e soprattutto di uno strumento educativo che ha potenzialità incredibili e che tanto può fare per rendere un po’ più vivibile la nostra società. Sarebbe sbagliato, però, farsi prendere dalla rassegnazione. Non è il nostro caso. Servono oggi iniziative popolari di grande impatto per richiamare l’attenzione sullo sport di base e di cittadinanza. Arriveranno presto; non ci arrendiamo e siamo pronti a difendere i diritti di uno sport il cui scopo non è tanto costruire campioni, ma lavorare a vantaggio di ogni persona e quindi della collettività.