19 aprile 2018

A Roma i consulenti ecclesiastici del Csi

Incontro su ministero, associazionismo e sport

Giornata intensa nella capitale quella condotta da don Alessio Albertini con i suoi confratelli di sacerdozio, pariruolo nell’associazione a livello provinciale o regionale. Per loro gli interventi di Mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita, di Matteo Truffelli, presidente Azione Cattolica, di Vittorio Bosio, numero uno del Csi. Infine l’ultima opera dei Controtempo, un bel dibattito e la Messa.

Il consulente ecclesiastico, il suo ruolo e la sua presenza all’interno dell’associazione. Se non ora quando? Se ne è parlato oggi, 19 aprile, a Roma, presso l’Hotel Il Cantico, nel raduno voluto da don Alessio Albertini, consulente ecclesiastico nazionale del Csi per riflettere sul ministero, l’associazione e lo sport. Hanno risposto presenti in cinquanta, da ogni regione d’Italia, in molti dalla Sicilia, da Friuli, Umbria, Triveneto, Lombardia e Piemonte, Toscana, Campania, Basilicata, Piemonte, Emilia Romagna. Si tratta di un ruolo importante all’interno di un’associazione laicale come il Centro Sportivo Italiano. Don Alessio ha subito introdotto i lavori specificano la differenza nei termini consulente ed assistente, più volte ricorrente nelle associazioni laicali, che indicano una diversa azione e funzione pastorale all’interno delle singole associazioni, ribadendo che il compito dei consulenti all’interno del Csi sostanzialmente è quello di aiutare chiunque al suo interno a vivere la coerenza evangelica a cui ispira. Del resto da sempre la Chiesa italiana ha riconosciuto il valore ecclesiale del Csi e della sua missione in un settore nevralgico come lo sport, garantendo ai vari livelli provinciali, regionali e nazionali, la presenza di un consulente. Ad aprire l’incontro in mattinata è stato SE Mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita. “In prospettiva il linguaggio sportivo – ha detto alla platea ecclesiastica il  presidente della Federazione Biblica cattolica internazionale - conserva una comprensione larga ed universale. Ecco che riscoprirne il ruolo inclusivo aiuta a riscoprire l’urgenza di una società che sia meno individualistica e più sociale. Nella esperienza dello sport anche le qualità individuali sono iscritte in un contesto sociale, perché tutti in qualche modo se ne avvantaggino. E’ questa la logica giusta, quella del convivere, del sognare insieme un obiettivo. Credo che in un mondo dove l’individualismo continua a corrompere quel ‘Noi’ lo sport sia una sorta di antidoto”. Paglia ha quindi spiegato ai consulenti del Csi quell’oltre necessario per andare avanti e superare quell’individualismo che sta fiaccando la società. “Viviamo in una società di sabbia, dove le persone stanno insieme a basso tasso di coesione. Come cristiani dobbiamo stare dentro, avendo la prospettiva significativa, esemplare, educativa, oltre chi partecipa. È una proposta che va fatta all’esterno. Non dobbiamo chiuderci. Il popolo di Dio – ha spiegato don Vincenzo – comincia nel cuore di tutti noi: tutti mi appartengono. Il vantaggio è dire un noi più grande, che arrivi a comprendere tutti. Una squadra infatti ha bisogno del diverso. Con la globalizzazione noi siamo tutti, come per la creazione”. Rispetto ad altri ambiti, come ad esempio economia e medicina, mons. Paglia ha voluto ancora sottolineare il vantaggio che ha lo sport. “Avete quella indispensabile dimensione dello stare insieme e dell’accordarsi. Per il Csi penso sia una missione costitutiva, una responsabilità e più facilità ad essere fermento di fraternità e solidarietà. Con lo sport è più semplice aiutare a creare una società più solidale e attenta ai deboli. Lo sport ha una sorta di alfabeto universale. In questo senso l’attenzione dei credenti può offrire una sorta di marcia in più per essere ‘Noi’ e non seguire la corrente che porta alla solitudine. È una possibilità, meglio una potenzialità che abbiamo nelle nostre mani. Il tessuto relazionale è filo a filo. Non è sintetico. Ed il tessuto affettivo è determinante per avere quel popolo che Dio ha già sognato”

 

Parole importanti cui hanno fatto seguito nel pomeriggio, dopo un’attenta riflessione di don Albertini ai confratelli nel sacerdozio sul regolamento dei consulenti “maestri di umanità” quelle del presidente di Azione Cattolica Italiana, Matteo Truffelli, dopo essersi a lungo rincorsi seduto finalmente al fianco del presidente nazionale del Csi Vittorio Bosio. “Sono onorato e contento per l'invito anche perché ci vogliamo occupare entrambi dei giovani e da questo punto di vista il momento sembra fertile. Quest'anno Ac compie 150 anni e ci sembra importante dedicare tempo energie e proposte. In questi anni avvertiamo forte la responsabilità di costruire alleanze nella società e nella Chiesa”.
Tre le premesse al suoi intervento, non dall’approccio teologico o metodologico, guardando ai laici e senza partire dal punto di vista di una rivendicazione di spazi. Nell'Evangelii Gaudium il Papa definisce i laici semplicemente la maggior parte del popolo di Dio. (EG120)
Non è mai abbastanza rendersi conto della responsabilità che hanno i laici e tutti i battezzati a partire dal battesimo. Oltre a formarsi costantemente è anche essenziale una declericalizzazione soprattutto dei laici che non vivono lo stesso protagonismo che hanno nella vita anche nella chiesa, vivendo il proprio ruolo quasi da minorenni.
Inoltre l'impegno che spesso hanno gli stessi laici nella chiesa è realizzare il Vangelo nei contesti che essi abitano. Oggi non possiamo più pensarci come una chiesa di convocazione che chiama e il popolo risponde.  Oggi c'è bisogno di stare laddove sono le persone soprattutto nella loro quotidianità e non tanto nelle occasioni solenne. Voi stessi mi dite che il contesto Csi offre opportunità di convivenza straordinarie dove le persone spendono la loro passione. Allora si che è opportuno annunciare il Vangelo più con i modi con cui si vive piuttosto che con le parole. Guardandosi bene dal mettere contenuti cattolici in questi ambienti che sono di per sé occasioni di incontro. La tentazione però potrebbe essere di usare lo sport per riportare indietro chi dal gregge è uscito, ma la logica è opposta: si tratta di farsi compagni di strada delle persone che ci sono affianco, come nel brano evangelico dei discepoli di Emmaus, cui Gesù stesso si fa compagno di viaggio. Il Signore non va portato nella vita degli altri perché lui c'è già lì: ecco perché si accompagna.
Questa responsabilità non è però affidata a singoli ma ad una comunità; è quindi una corresponsabilità. Nessuno si salva da solo.
Per fare tutto ciò è necessario avere laici formati che sappiano anche affrontare un tempo in cui spesso le persone vivono frammentariamente i diversi contesti della società, avvertendo un ruolo di responsabilità in alcune cose mentre in altri no.

 

Infine c’è stato l’atteso intervento di Vittorio Bosio. “Andiamo verso i 75 anni di storia e nel mese di giugno ci confronteremo sulla riforma dello Statuto. Negli anni ci siamo confrontati su tantissimi argomenti ha forse ci hanno anche fatto perdere tempo: stiamo vivendo una situazione piuttosto delicata. Vi risparmio le questioni tecniche specificando però che lo Statuto conserverà i principi di 75 anni fa per cui continueremo a fare il servizio per la società e per la Chiesa come abbiano sempre fatto e faremo.
Al termine di questo momento inizierà l'ultimo biennio ed a voi consulenti chiedo di accompagnare e indirizzare cercando di dire con verità quali sono le esigenze della Chiesa oggi preoccupandoci di come crescere bene i ragazzi e non di quali poltrone occupare. Mi chiedo a volte se siamo mai riusciti a convertire qualcuno e non saprei mai rispondere con certezza. Ma di sicuro possiamo affermare di fare quello che ci chiede il Papa e cioé di accogliere tutti. Dobbiamo provare a fare del bene rispetto a quello che sappiamo fare. Certamente non inseguiamo il Campione: ci proponiamo di far fare sport ai “normali” che da noi riescano a fare sport alla loro portata incontrando un contesto sociale accogliente, una comunità.

Parola ai consulenti con Don Pietro Sambo (Friuli Venezia Giulia) che chiede “il mondo è fatto di molti spazi e ambiti. Come si può esser cristiani in questi spazi?”, cui segue la riflessione di don Claudio Paganini (Csi Brescia): “oggi Paglia ha chiuso rimandando a noi il dover convincere i vescovi ad investire sullo sport. Truffelli ci ha indicato ciò che deve essere un consulente ed i principi ecclesiali. Poi Vittorio ci ha ricordato che tutto questo è molto complicato”. Da Cuneo don Gabriele si domanda qual è il sogno di Chiesa di Csi e Ac? Non solo a livello nazionale ma a livello locale? Risponde Don Daniele Laghi (Trento), ricordando la Giunta del Coni regionale di ieri dove c'è stato grande eco sul dover aprire i nostri contesti agli ultimi. E la chiosa “Invece di guardare a quanti siamo guardiamo a come stiamo insieme”, cui ha fatto seguito la parola dal prete volante nelle valli trentine, Don Franco Torresani: “uno dei frutti della nostra presenza qui è proprio allenarci allo stare insieme”. Don Tarcisio (Rimini) afferma: “nella mia diocesi spesso associazioni e movimenti non sono così uniti. Come associazioni il vantaggio di Csi e Ac è stare nel territorio”, mentre Don Luca Meacci (Fiesole) sottolinea: “a volte le esperienze dei giovani preti non fanno riferimento a esperienze di comunità ma sembrano avere un'esperienza molto personale che vive un disagio in contesti più ampi”. Lapidario e solenne infine Don Giambattista Gandolfo: “non preoccupiamoci se e quanto convertiamo, ma cosa è quanto seminiamo!”

Infine Marco Spaggiari, autore dell’inno Csi “Dove ogni maglia ha un anima” dopo averlo cantato acustico con voce e chitarra, ha introdotto il suo nuovo progetto legato al Csi. L’album inedito “Le illusioni dei pazzi”, un canzoniere con testi e accordi delle canzoni che compongono insieme a quelli dei due precedenti dischi (“In tutti i giorni eroi” e “On the road”), proposti in coda. Ogni canzone di questa terza opera musicale Controtempo, diventa anche il titolo del rispettivo capitolo della storia narrata nel romanzo, che contestualizza e allarga il tema della canzone. Tutti i brani sono proposti nella forma testo + accordi in un canzoniere che inizia dalla parte opposta a quella della copertina principale, facendo incontrare romanzo e canzoni all’interno del libro. Questo per favorire il duplice utilizzo del libro stesso e per fondere simbolicamente la musica con la letteratura in un’unica opera artistica.