16 marzo 2019

Sport e Chiesa, un legame solido

Binomio indissolubile: tra fede e sport uno scambio reciproco

A Roma concluso il convegno Csi “Chiesa o Sport?”. Ampia la riflessione, dall’analisi storica del rapporto alle prospettive pastorali. Numerosi gli ospiti intervenuti, varie testimonianze delle società sportive di oratorio. Don Alessio Albertini: "una provocazione voluta. Un'occasione per fermarci a pensare".

Sport o Chiesa? La domanda, che ha accompagnato la due giorni di studio e riflessione, voluta dal Csi per comprendere limiti e confini del servizio sportivo in ambito ecclesiale, ha avuto in conclusione la risposta più efficace dal suo ideatore, don Alessio Albertini.

Saremo fortemente sollecitati a rendere esplicita la nostra scelta di campo, e la nostra fede – ha detto l’assistente ecclesiastico nazionale del Csi – ma dire semplicemente che siamo nati nella Chiesa, rivendicando un diritto, e non rinnovando un impegno, liquidava facilmente il problema, ma non era sufficiente. La provocazione , voluta nel titolo, era per concederci una pausa, un momento per riflettere sul nostro modo di intendere lo sport non per se stesso, ma per molto di più. Settantacinque anni ci servono per rileggere la nostra storia. Non con nostalgia ma con il coraggio di affrontare il nuovo. Sono cambiati i tempi, il terreno sociale. Tanti cambiamenti sono avvenuti nella Chiesa e nello sport. Dobbiamo oggi fronteggiare episodi nuovi, insoliti punti di vista, moderne criticità mai incontrate fino ad oggi. Ragazzi che “tranquillizzano” i parroci, pensando che i sacramenti possano essere ricevuti in Comune, o mamme che portano i figli a giocare in oratorio, perché lì lo sport non è agonistico.  Come se l’educazione non avesse a che fare con l’agonismo. Lo sport tutto non può prescindere dal dare il meglio di se stessi, anche se il fine non è la medaglia o la vittoria. Ecco allora che ci hanno costretto a fermarci e domandarci :chi siamo? Dove stiamo andando? Perché vogliamo ancora rimetterci in gioco con la Chiesa, e chiederle che ci accompagni?  In questo tempo di grave emergenza educativa non vogliamo lasciare soli i bambini. È un problema di tutti. Da un lato la Chiesa sente di voler essere vicina a tante persone, perché vogliamo proferire di Dio che dà speranza. Da un altro il Csi una mano te la dà, perché raccoglie molte persone. Ci sono domande che pesano ma rappresentano la svolta. Ad esempio: “Pochi ma buoni o tanti e buoni?” L’invito della Chiesa di oggi è ad uscire, a mischiarsi (lo ha detto Francesco nell’Evangelii Gaudium) con il maggior numero di persone. Anche il Csi per la sua occasione missionaria è chiamato ad arrivare a tanti, e l’importante è averli fatti crescere bene. I nostri bravi ragazzi in oratorio: non vanno fatti crescere per tenerli lì, per stare al nostro servizio. Dobbiamo farli crescere per mandarli nel mondo, ed anche nel mondo dello sport. Se vogliamo essere incisivi e testimoni, il nostro servizio deve sfociare in ogni parte. Attenzione, però: lo sport non è nato per educare. A noi preti sfugge la particolarità dello sport; è un altro linguaggio, fatto da altre persone. Noi preti non decidiamo le regole dello sport, sfugge infatti dalle maglie della Chiesa. Possiamo solo orientarle. Il Csi in fondo è un’associazione di laici, e il suo impegno educativo nello sport deve passare anche attraverso la valorizzazione del corpo, unico mezzo che possiamo usare per farci vedere, per manifestare chi siamo: è la sintesi della nostra integralità e non della nostra parzialità. Però, nelle società sportive si occupano del corpo come mezzo per fare sport si utilizza poca attenzione verso un corpo che deve crescere. Occorre capire ora che c’è un di più nella nostra missione e che quella della corporeità rappresenta una sfida generale necessaria e decisiva per far crescere una persona. Ma infine stiamo attenti che lo sport può essere diseducativo. Certi disastri accadono anche nel nostro mondo, ma non occorrono moralisti, bensì bisogna essere profeti. Come Csi dobbiamo essere associazione profetica, dove il profeta è colui che vede talmente bene il presente che intuisce il futuro. Non è indovino, ma sentinella, il profeta ti scuote la coscienza. Ecco questi sono dei temi che il Csi, grazie alla bontà della Chiesa potrebbe rilanciare: il primo è che per noi tutti sono importanti, soprattutto i più poveri, non economicamente, ma di talento e di educazione. Orgogliosi di essere d’oratorio, nel poter dire siamo talmente diversi dagli altri che troviamo un modo per occuparci di tutti. D’altra parte uno sport Csi più sobrio. E ci occupiamo non solo della formazione tecnica, ma della persona che è di più. La persona infatti è molto di più di una mano che schiaccia, fa canestro o di un piede che calcia. La persona è di più di un corpo. In un’esperienza di gruppo, noi ancora sappiamo offrire uno sport che è gioia. Siamo certi che la dimensione che offriamo sia ancora l’esperienza del dilettante, colui che gioca per diletto. Mi piacerebbe che si respirasse ovunque nel Csi l’esperienza della festa. Rilanciarla. Non solo agonismo nelle manifestazioni Csi. Ultimo passaggio: la questione educativa sembra prerogativa esclusiva del prete, quando invece, specie nei mondi vitali, la questione educativa è tipica del laico cristiano che è anch’egli investito della responsabilità della testimonianza del Vangelo. Deve essere il laico il primo a risolvere i problemi. Non si può rivendicare l’autonomia fondamentale dell’associazionismo. L’Associazione ha infatti una storia e una gerarchia da cui devi dipendere. L’associazione garantisce che nei mari difficili del tempo, qualcuno sia un porto sicuro, sia un faro che ti orienta. Questo è l’assistente ecclesiastico.

Che ci sia un assistente in ogni comitato. Questo è l’augurio per il 75mo anno di vita del Csi.


In ultimo, alcune cose concrete da fare:

1)abbiate il coraggio ,voi comitati, di presentarvi con una proposta nei seminari. Per dire a chi entrerà nel mondo della pastorale che c’è anche lo sport.

2)Mettiamoci attorno ad un tavolo con tutte le componenti dell’associazionismo cattolico.

3)Per fare bene lo sport non basta semplicemente la tecnica

4) Rilanciamo i pellegrinaggi nello spirito di un’associazione in cammino

5) Abbiate un assistente o un prete di riferimento per presentarvi al Vescovo.

6) Sappiate vivere bene la festa di questi 75 anni che stiamo vivendo.”

 

Il Question Time con laici e sacerdoti

Il Question Time con laici e sacerdoti

Nella mattinata di sabato 16 marzo, dopo la Santa Messa celebrata dall’assistente ecclesiastico del Csi, don Alessio Albertini, il ragionamento sul rapporto Chiesa e Sport, ha avuto nel question time condotto dalla giornalista di Rai Sport, Simona Rolandi, importanti spunti di riflessione, offerti dai 4 autorevoli interlocutori intervenuti. Don Gionatan De Marco, Direttore Ufficio Nazionale CEI Turismo, Tempo Libero e Sport, Santiago Pérez de Camino, Responsabile della Sezione Chiesa Sport del Dicastero per i Laici Famiglia e Vita, Suor Elisabetta Stocchi del Coordinamento generale Centro Asteria Milano e Michele Catarzi, responsabile relazioni esterne Aso Cernusco, la più grande società polisportiva oratoriale del Csi, con oltre 1400 iscritti, in provincia di Milano.

Il cappellano olimpico Don Gionatan De Marco ha parlato subito di stelle e desideri: “Il mondo della Chiesa e quello dello Sport parlano di desiderio. Un’azione comune da compiere è riaccendere le stelle e i desideri, raccontare promesse, che non è solo voglia di salire sui podi, ma andar a letto sorridendo, condurre la vita di ogni giorno con serenità, con allegria, nonostante a volte  manchino le premesse. C’è un vocabolo straordinario che lega Sport e Chiesa. È “convocazioni”, termine straordinario, racchiude quel legame dove si racconta la solidarietà, lo stare insieme, l’essere chiamati a diventare persone grandi. Fondante e fondamentale, per Chiesa e Sport è cominciare a tirare la carrucola perché ci sia intenzione, ancor prima di allenare sul campo, di allenare per la vita

Per Santiago Perez de Camino: “Tra sport e Chiesa c’è un legame molto forte perché hanno avuto dei percorsi paralleli. Se lo sport mette l’uomo al centro del gioco, fa lo stesso gioco della Chiesa. Lo ha detto Papa Francesco, lo sport praticato in modo giusto porta alla bellezza e porta a Dio. Uno sport senza la Chiesa perderebbe ogni riferimento etico, mentre la Chiesa senza lo sport perderebbe quella spinta, e quell’ aiuto che la fa arrivare dove da sola non ce la fa. Lo  sport infatti aiuta la Chiesa ad andare a trovare le persone”.

L’intervento di Michele Catarzi è partito dalle parole di papa Francesco in occasione del 70mo anniversario di nascita del Csi:  “Il papa ci disse, ‘se manca in parrocchia un gruppo sportivo, manca qualcosa’. E’ una ricchezza lo sport in oratorio, a condizione che la comunità faccia parte della comunità educante. Noi all’Aso viviamo tutte le anime della parrocchia attivamente. Le società di oratorio devono essere capaci di offrire attività di qualità. Dunque ecco il perché del Csi, con i continui corsi di formazione tattica e tecnica che organizza. Oggi nonostante la tecnologia dell’era digitale, resta unica la magia di correre in un campo di calcio o di schiacciare una palla di volley. Perciò  Sport e Chiesa sono e saranno sempre un binomio indissolubile.”

Suor Elisabetta Stocchi dopo un excursus storico dal dopoguerra in poi nella crescita del centro delle Suore di Santa Dorotea sul tema del giorno spiega: “Lo sport  apre un progetto culturale in una polisportiva. Ed è interessante la rigorosità nel creare figure di riferimento giuste all’interno delle parrocchie. Lo sport guarda alla crescita dei ragazzi, con le sue discipline universali. La Chiesa lo stesso è universale e non può non prendere in considerazione questi linguaggi. Lo sport lavora sul corpo. Noi abbiamo il Vangelo. Conformandoci a Cristo, dalla sua parola possiamo attingere tutto ciò che dà significato all’attività sportiva. Questa è la richiesta che va fatta agli enti di promozione sportiva come il Csi. In sinergia con gli attori dentro e fuori dalla Chiesa. Dialogo necessario per essere insieme una comunità educante”.

Simona Rolandi domanda quindi quale è il ruolo che giocano la società sportive?

Perché ci dev’essere la società sportiva in parrocchia?” Don Gionatan risponde: “Perché ci sta a cuore la formazione integrale della persona, ci sta a cuore che i ragazzi facciano apprendistato alla vita felice, utilizzando tutti i linguaggi possibili dell’umano. Se questo è l’obiettivo che nasce da un bisogno condiviso all’interno della comunità, diviene un percorso di formazione permanente dalla comunità che lo ha generato. Una parrocchia intelligente riconosce un valore. Se la finalità è dotare dei ragazzi di vita felice, occorrono persone di peso e di qualità. Altrimenti è meglio mettere lucchetto al campetto parrocchiale e lasciare che vada a male”.

Santiago Perez allora si chiede: “Perché allenatori non catechisti? La corresponsabilità dei laici nella Chiesa oggi è fondamentale come ci ricorda il Papa. Nello sport i laici cristiani possono fare il bene della comunità. Il prete non deve fare l’allenatore e viceversa, ma sport e parrocchia, hanno la stessa missione, portare Dio alla Gente, non la gente a Dio. Per questo vorrei ricordare che non c’è uno sport cristiano ma una visione cristiana dello sport. Le società sportive devono formare ed osservare bene prima di affidare ad una persona che non ha una coerenza di vita. Oggi, con tante famiglie disgregate, l’allenatore può fare molto. Papa Francesco agli universitari disse: ‘ultima cosa è parlare, prima occorre dare testimonianza di come tratti le persone’”

Infine per tutti la stessa domanda: “C’è ancora bisogno del Csi?”

 

Una ricetta la risposta di don De Marco: “C’è bisogno del Csi? C’è sempre più e necessariamente bisogno del Csi

  • nella misura in cui saprà tradurre il suo imprinting ecclesiale con un evidente tasso educativo. Misurabile, verificabile. Ad esempio. Saprete che quest’anno è nato il progetto Cei Sport for Joy, promosso con 12 realtà ecclesiali che si occupano di sport. Diamo senso ad un’attività condivisa, con un punto fermo: proponiamo un percorso condiviso di formazione per allenatori, per genitori. Un misuratore potrebbe essere da domani quante società Csi adottano il programma Sport for Joy, come lo state vivendo,  la creatività con cui le società Csi lo adattano alla propria realtà.
  • C’è bisogno del Csi se avrà un’offerta formativa adeguata. Ci si allena alla motivazione, all’affettività, alla solidarietà. Se inizierà ad essere punto connettore con altre realtà ecclesiali, ad essere servo di tutti.

Ci sarà bisogno de Csi nella misura in cui riscoprirà il suo compito di sentinella. C’è collegamento tra le realtà sportive ispirate cristianamente ma lo si deve vivere rinunciando (ai numeri delle tessere), denunciando (logiche perverse) e annunciando (le parole della fede).

 

Il referente dello sport del dicastero dei Laici, famiglia e vita, riconosce “il Csi esempio a livello internazionale, modello per tanti paesi. C’è bisogno del Csi, perché è faro della pastorale sportiva nel mondo. Il suo futuro all’interno della comunità cristiana è quello di fratello maggiore che apre le porte della comunità. Bisogna avere presente dei problemi all’interno delle parrocchie. Manca il dialogo. Il Csi è allora strumento ottimo per aiutare le parrocchie a rinascere dove stanno morendo. Il Csi come scintilla per far ripartire formazione umana con ispirazione cristiana.

Michele Catarzi non può fare a meno del Csi: “Il Csi Milano ci aiuta, per il tesseramento, eventi, corsi di formazione. Sere fa con il concorso ‘campioni nella vita’ ha premiato un nostro dirigente, Maurizio, valorizzando il suo lavoro oscuro e la sua fatica quotidiana. Abbiamo inaugurato recentemente il nuovo campo di calcio a 11 e non potevamo non farlo che affrontando una rappresentativa del Csi Milano, guidata dal suo numero uno, il mio amico Massimo Achini. Il Csi insomma è parte di noi, è importante per il valore sociale che esprime nella nostra cittadina, dove muoviamo 4mila persone includendo le famiglie. Le persone si incontrano in oratorio. La rete delle famiglie è importantissima perché mette al centro l’educazione del ragazzo. Di Csi ce n’è fortemente bisogno e ce ne sarà bisogno sempre”

Infine Suor Elisabetta: “Il Csi mi ha accompagnato tutta la vita, ricordo in particolare a Villa Pamphili, un megaraduno sportivo. Il Csi lo faceva con entusiasmo e capacità aggregativa. Tra gli enti sicuramente anno dopo anno è il più vicino al mondo che cambia. Eventi, formazione, cerchi concentrici. Il suo sport coinvolgente e inclusivo, attiva processi di sensibilizzazione. Specie nel volontariato. In certi casi, nella vita, basta un’esperienza per avere consapevolezza di un valore, per attitudini, per sensibilità. Ci accompagna in modo puntuale e profondo. Il Csi potrebbe spingere il parroco ad una pastorale integrata. Forse c’è un modo diverso di santificare le feste, di fare catechismo: un laboratorio di pastorale integrata. Occorre avere il tempo di una proposta unitaria, che il parroco non ha coraggio di proporre. Il Csi nella sua libertà profetica, può spingerlo.

In chiusura di question time il pensiero del presidente del Csi, Vittorio Bosio: “siamo grandi, non vogliamo essere i primi della classe, ma sederci a un tavolo per lavorare insieme. Tutti hanno qualcosa da dire e sarebbe necessario se l’associazionismo cattolico mettesse insieme i talenti. Ora siamo piuttosto divisi, ma abbiamo messo le basi per rielaborare. Con la Chiesa vogliamo essere propositivi attraverso l’esempio, partendo dai talenti e dagli errori”.

 

Tra cenni storici e pastorale, al cuore dell'educazione

Tra cenni storici e pastorale, al cuore dell'educazione

Nell'ambito delle iniziative legate al 75esimo anniversario dalla sua nascita, il Csi ha organizzato a Roma il 15 e 16 marzo, un convegno per riflettere sul tema del rapporto fra universo sportivo e mondo ecclesiastico. “Sport o Chiesa?” da questa domanda è partita nel tardo pomeriggio di venerdì 15 marzo l'introduzione dell'assistente ecclesiastico nazionale Don Alessio Albertini «Il titolo è provocatorio ma noi amiamo la chiesa e abbiamo il coraggio di fermarci e riflettere. Dobbiamo avere la capacità di leggere quello che sta avvenendo nell'oggi in cui viviamo. Cosa ci sta chiedendo oggi la storia? Cosa ci chiede come impegno e cosa come rinuncia? Questo convegno vuole mettere a tema questo”.

Ha proseguito il presidente nazionale Vittorio Bosio “Mi auguro che questo convegno ci farà tornare a casa con qualche idea per il CSI di domani. Siamo nati nella chiesa e difendiamo ancora adesso il senso di appartenenza ad essa. Quando siamo nati 75 anni fa non eravamo così necessari come oggi perché oggi più che mai i ragazzi hanno bisogno di qualcuno che li accolga. Il Csi deve continuare ad essere al servizio dei giovani, deve essere uno strumento attuale per loro, per far sì che abbiano degli strumenti per crescere bene. Ciò è possibile soprattutto grazie all'assistente ecclesiastico perché questa figura ci orienta per essere al servizio della crescita dei giovani”.


Due gli interventi della prima giornata di convegno, uno in prospettiva storica e l’altro in prospettiva pastorale.

 

Antonella Stelitano, giornalista della Società Italiana di Storia dello Sport, partendo dalle radici del rapporto tra Sport e Chiesa, da Pio X a Papa Francesco, ha illustrato come lo sport col passare degli anni, non sia visto più solo come un passatempo ma sia diventato uno “strumento”. Lo sport infatti trasmette dei valori. Per definizione ha un codice di comportamento riassumibile con il termine “FairPlay”. Ma il FairPlay è la costituzione morale dello sport, che fa parte di una visione cristiana dello sport. Lo sport serve quindi per migliorare il mondo e renderlo più pacifico. Ma per fare ciò lo sport ha bisogno di un supporto da parte di un'autorità morale che è la Chiesa. Conclude quindi con la domanda iniziale “Sport o Chiesa”? La risposta è che serve una visione cristiana dello sport che non sia estranea alla famiglia sportiva ma che sia all'interno di essa.

E' seguita poi la riflessione sulla pastorale dello sport di don Ugo Lorenzi, docente di catechetica, pastorale delle età evolutive e pastorale giovanile al Seminario Arcivescovile di Milano. Per lui “la pastorale dello sport esiste e c'è un legame solido. La religione si dedica allo sport perchè lo spazio della Chiesa è quello della vita delle persone. La chiesa viene toccata dallo sport. Tra fede e sport lo scambio è un dare e ricevere reciproco e non unilaterale. Ai preti fa benissimo avere a che fare con le associazioni perchè sono testimonianza del mettersi in gioco. Chiesa e sport devono “compromettersi” insieme, come fosse un abbraccio tra Dio e l’uomo. La comunità educante deve essere unita per poter educare al meglio il ragazzo. Quindi l’alleanza tra Sport e Chiesa è possibile.

Spazio poi alle testimonianze reali di alcune società sportive ciessine d’oratorio nel dopocena con “Ogni benedetta domenica, tutti i giorni”. Da Lecco (Aurora San Francesco) ad Acireale (Parrocchia Maria SS. del Rosario) fino alla Via Emilia e a Modena dove è nata e cresciuta la Scuola di Pallavolo Anderlini. Tre racconti di vita, fra tradizione e belle novità.

Aurora S. Francesco Lecco: “Chiesa ‘Casa Nostra’ “

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Oltre 50 anni di vita e di storia su quel ramo del lago di Como di manzoniana memoria. Francesco è il presidente della Aurora San Francesco, i suoi occhi, più delle parole, raccontano “Casa Nostra” ovvero la Chiesa nata a Lecco negli anni ’60 per volontà dei frati cappuccini anni fa, quando il vicario con pala e piccone costruirono anche il campo accanto alla canonica. Oggi è una delle più affermate polisportive del Csi Lombardia, con tante discipline praticate, sempre con il parroco al centro della missione sportiva e pastorale. Ascolto e osservazione le parole chiave: attenzione alle età, confronto e condivisione, esperienza di gruppo le altre password societarie. Padre Giulio, cappuccino sempre al seguito dei ragazzi, ha spiegato poi come il compito del vicario sia quello di assistere e seguire il gruppo sportivo. Vivere in comunione, oltre la coabitazione, creare amicizie il valore apicale. Un grande esempio di vita Csi

Ad Acireale Via Crucis e Pasqua dal respiro sportivo

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Fabio è uno degli animatori, responsabile del Gruppo Sportivo della parrocchia etnea di Maria Santissima del Rosario, a Cosentini, appartenente al comitato di Acireale. Calcio a 5, pallavolo e tennistavolo convivono nell’oratorio acese, che nel suo dna ha la possibilità di far fare sport a tutti. Oggi, dopo il recente evento sismico, le attività sono trasferite in un’altra struttura parrocchiale, avendo il terremoto creato danno agli impianti di gioco. Il credo è rimasto identico: divertimento, amicizia e conoscere Dio attraverso lo sport. Particolare connubio tra società, comitato e diocesi in questa zona etnea sono alcune attività liturgiche condite di sport. In Quaresima da diversi anni si organizza una Via Crucis (nel 2019 sarà il martedi della Settimana Santa), dove gli sportivi animano le Stazioni, con particolari riflessioni al servizio dello sport. Quello che un tempo era il precetto pasquale sostituito da questo cammino, di attenzione e partecipazione. Gli sportivi portano la croce e animano l’intera Via Crucis, alternandosi nelle Stazioni. Poi c’è anche una passeggiata che chiamiamo la Pasqua dello Sportivo, di solito la seconda domenica di Pasqua, con il Vescovo (quest’anno il 27 aprile) una camminata non competitiva per far partecipare famiglie  e festeggiare insieme il RIsorto

Pallavolo Anderlini: La Carta Etica, Giobbe e i suoi perché?

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“Giobbe” Giovenzana, solo all’anagrafe Rodolfo, ex azzurro di pallavolo negli anni ’70, racconta della storica prima qualificazione olimpica dell’Italvolley nel 1975 e della sua gioia incontenibile, così grande da farmi svenire. “Lo sport regala emozioni e mi hanno regalato un sogno. Grazie al mio sport mi ritengo un uomo fortunato. Terminata la carriera da giocatore ho proseguito nel volley da dirigente, generando la Scuola di Pallavolo Anderlini, il famoso professore, icona della pallavolo internazionale. Nel 1997 eravamo in 200 tesserati. Oggi abbiamo 1500 atleti con 120 fra istruttori e dirigenti, 12 assunti a tempo indeterminato. Il segreto è la nostra Carta Etica, che abbiamo creato dopo due anni di lavoro a stretto braccio con tutte le componenti del gruppo sportivo, con i genitori, con i tecnici, una psicoterapeuta dell’età evolutiva, lo staff. Il segreto è chiedersi il perché facciamo le cose. Per i veri educatori è importante chiedersi il perché facciamo pallavolo, nuoto o calcio. Ci interessa offrire servizi ai giovani e alle famiglie, facendo riferimento alla Carta Etica, dove ci sono le motivazioni per tutti coloro che aderiscono al progetto. Siamo convinti che dentro i perché si trovino i valori.