Il sorriso di Dio nella preghiera e nella vita
A Roma l'incontro degli assistenti ecclesiastici del Csi
Si sono riuniti a Roma presso il centro congressi Villa Aurelia una trentina fra assistenti ecclesiastici provinciali e regionali del Centro Sportivo Italiano. L’incontro ha visto mercoledì 20 novembre la riflessione dell’assistente ecclesiastico nazionale arancioblu alternata alle relazioni del prof. Paolo Crepaz “All you need sport: la missione di educare con lo sport” e di don Carlo De Marchi “La formula del buonumore: sdrammatizzare le tensioni”. Giovedì 21 novembre la messa celebrata da mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei e a seguire il question–time con il presidente nazionale del Csi Vittorio Bosio.
Crepaz: "Siate felicitatori con lo sport"
La gioia, il sorriso, e l’inatteso effetto collaterale della felicità. Il senso del gioco e dello sport, secondo Paolo Crepaz, atleta, medico e docente in psicologia dello sport è racchiuso in questi sentimenti. Sinteticamente “può essere felicità ogni esperienza del desiderio, ogni espressione del cuore”. Con citazioni e riferimenti morali e culturali il vicepresidente del Coni trentino lo ha spiegato a Roma, mercoledì 20 novembre, nel corso dell’incontro degli assistenti ecclesiastici regionali e provinciali del Csi, dopo averlo ben descritto nel suo libro “All You Need Is Sport”, titolo anche della sua relazione innanzi alla platea di presbiteri associativi.
“Affinché lo sport generi felicità – suggerisce Crepaz - ci deve essere cultura e qui in Italia purtroppo abbiamo la peggior carenza di cultura nel sociale e l’essere umano cova sovente il desiderio dell’inutile. Sul doping e sulla cultura della sconfitta, andrebbe sempre valorizzato il percorso che sta facendo un atleta, l’esperienza che vive. Non dando risposte, ma aiutandolo, magari nello spogliatoio a far nascere in lui delle risposte”.
Utilità, piacevolezza e conoscenza di sé sono i tre aspetti che caratterizzano chi fa sport, nelle sue diverse dimensioni. Secondo Crepaz “l’attività ludica e motoria è insostituibile nella prospettiva della crescita e della realizzazione globale della persona. Insomma lo sport ha un ruolo originale e significativo nel percorso della felicità. Per questo il mio invito e augurio per voi è ad essere dei ‘felicitatori’, ovvero dei portatori di felicità”.
Don Albertini: “Grandi all'interno della Chiesa”
Sorgente di felicità è la fede, e così anche i preti riflettono sulla gioia. Lo sa bene Don Alessio Albertini, l’assistente ecclesiastico nazionale del Csi, che ha voluto a Roma questo meeting. Ottima la risposta con sacerdoti venuti nella capitale da ben 12 regioni italiane. Dopo aver spiegato alcuni passaggi tecnici sul nuovo regolamento degli Assistenti ecclesiastici don Alessio, autore recentemente del saggio “Quando ridono i santi” ha voluto con alcune sollecitazioni invitare i colleghi sul territorio ad utilizzare sempre anche umorismo e buonumore ed orientarli a non perdere la bussola sull’educazione. “Il Csi ad Assisi sarà chiamato a riflettere sul suo futuro – ha detto Albertini - Sarà un momento importante per fermarci a riflettere ed essendo noi tra le più grandi associazioni all’interno della Chiesa, occorre bene fermarsi a pensare”. Due le possibili vie per la guida spirituale del Csi: “O essere investiti dalla concorrenza spietata, e dal mercato, o tornare ad essere profeti, facendo scelte controcorrente, correndo il rischio di essere impopolari”
De Marchi: "Con l'autoironia giù le barriere"
Prima della Messa vespertina è stato quindi don Carlo De Marchi, vicario dell'Opus Dei per l'Italia Centro-Sud, a rivelare ai presenti delle possibili ricette del buonumore.
"Dalla mia esperienza spesso ho incontrato reazioni esagerate in diverse situazioni. Mi sono reso conto che spesso i preti sono ancora percepiti come persone troppo serie. Una volta ad esempio da giovane trovandomi di fronte in confessionale un prete molto serio, gli dissi scherzando: “Oh, guarda che i peccati li ho fatti io!”. Trovo che oggi sia importante parlare di cose serie ma con leggerezza, anche perché si è più credibili e specialmente con i giovani. La mia riflessione sul dialogo con le persone è che in fondo quando parliamo di buon umore stiamo parlando della felicità, cioè di quello che io desidererei della mia vita, far sorridere la gente e ricevere gioia a mia volta. Se questo è il buonumore allora si genera felicità. Parlando con diverse persone, ho comprovato che quando uno pensa alla figura di Dio, ad una sua immagine, non la pensa mai o quasi mai sorridente. Nessuno ha mai pensato a Dio come fonte di buonumore. La si collega spesso ai sensi di colpa, al dover essere integerrimi, ad un certo tipo di perfezionismo. Invece io credo che sia essenziale partire da questo sorriso che è il sorriso di Dio. A me è servito molto parlare di preghiera come cercare il sorriso di Dio, in qualsiasi momento. Ho visto che questa cosa sconcerta perché non siamo abituati. Se non ho un sorriso di fondo nella mia vita in fondo perdo il buonumore. Il sorriso che ognuno di noi ha guardando sè stesso, si può intendere come autoironia, o anticamente umiltà. Quando un genitore, un prete un educatore parla a gli altri riuscendo ad essere un po’ autoironico, sappiamo bene che cadono immediatamente le barriere”.
Russo: "Sostengo il vostro impegno"
Nell’omelia di giovedì mattina è stato mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei a rivolgersi al clero ciessino. “La Liturgia della Beata Vergine Maria ci parla dell’attenzione all’essenziale. – ha spiegato il vescovo emerito di Fabriano-Matelica - Il Signore vuole radicarci in ciò che è essenziale, ciò che conta in qualsiasi condizione e per ogni ruolo che ricopriamo. In qualsiasi ambito come sacerdoti questo è il servizio alla Chiesa e al Signore. Il nostro contributo è prezioso in virtù del radicamento nel Signore. Ognuno di noi è chiamato a portare il servizio, ma dobbiamo avere capacità, rispondendo alla chiamata del Signore. Se siamo lì, al di là delle diverse indoli, è perché è la volontà del Signore. C’è una Grazia particolare, per corrispondere a questa chiamata. Quella che ci fa essere fratelli e sorelle, madri delle persone che Dio ci dà. Prima nelle diocesi e nei campi di lavoro. Siete chiamati ad essere esperti sportivi, essere un segno per i giovani. Oggi è importantissimo lo sport per l’esperienza della Chiesa. Quanto vere sono le parole del Papa alla Chiesa nel 2015 in occasione del Convegno Ecclesiale di Firenze. Fu la prima volta in cui Francesco parlò di cambio d’epoca. Ogni giorno ci sta un cambio d’epoca. Anche l’ambito sportivo, tradizionale, sembra non attrarre più alcune persone, a certe latitudini. E questo cambio d’epoca ci richiede di andare sempre più in profondità e la mia presenza qui è per sottolineare l’importanza del vostro impegno. In un campo importante dove far comprendere sempre più che come cristiani ciò che conta maggiormente è la testimonianza. Specie con i giovani, si diventa attrattivi se con loro ci compromettiamo in un atteggiamento di testimonianza che è quello a cui ci richiama la parola, dove ci facciamo fratelli e sorelle e madri del nostro prossimo. Allora, ecco che la sfida che ogni giorno siete chiamati ad affrontare in questo particolare campo di impegno è molto affascinante. Il Signore ci chiede di andare in profondità, diventare sempre più capaci di dire con la nostra vita Gesù Cristo ed aiutare anche i laici impegnati in questo ambito di far sì di essere testimoni di questo. Sostengo il vostro impegno sperando di essere capaci che questi campi diventino di testimonianza. Oggi ancora di più. Divenire esperti dell’essere testimoni dell’amore cui ci ha dato il Signore e che vogliamo donare a tutti coloro che il Signore ci mette davanti”
Bosio: "Proseguiamo in un cammino profetico"
È toccato al presidente nazionale, Vittorio Bosio, nel corso della mattinata conclusiva dell’incontro degli assistenti, salutare gli ecclesiastici arancioblu. Dopo aver ringraziato i presbiteri per la disponibilità e invitandoli a partecipare al prossimo meeting di Assisi, è tornato su alcune divisioni, più sulle persone che sui contenuti, e sulla necessità di fare quadrato sulle idee. Specialmente in un periodo storico di grandi cambiamenti e difficoltà. “Viviamo in una società complicata – ha dichiarato il dirigente orobico - che va affrontata, guardando alle novità, come ad esempio gli E-sport.
Lo sport ha bisogno di seguire l’onda su certe cose. Gran parte della nostra attività giovanile viene svolta nelle periferie e negli oratori; continuiamo a fare quello per cui siamo nati, ma con grandi difficoltà. Lo sport rimane uno dei pochi strumenti che porta ancora risultati da un punto di vista educativo e nella trasmissione dei valori, soprattutto sottolineo l’accoglienza che oggi in Italia non va intesa solo in riferimento all’immigrazione. Il Csi ha il dovere di dare le stesse opportunità a tutti senza alcuna distinzione. Accoglienza è sugli ultimi, i meno bravi, gli incapaci. Se non ci pensiamo noi, non ci pensa nessuno. Noi siamo stati precursori su tante cose, dobbiamo a tornare a pensare cosa vogliamo dal Csi.
Cosa si aspetta la Chiesa italiana da noi? Serviamo ancora? Dobbiamo provare altre strade per incontrare i giovani? Abbiamo bisogno di futuro e dobbiamo pensarlo. Siamo troppo presi dal fare e poco a ragionare sulle prospettive. Ripartiamo allora dalle nostre radici e con la Chiesa continuiamo a fare quello per cui siamo nati, inserendo novità e facendo nascere qualcosa di profetico.
I laici hanno sempre bisogno di qualcuno che li accompagna nelle decisioni. Vi ringrazio perché in alcuni territori certi nodi o piccoli conflitti sono stati risolti grazie a dei preti, che ci hanno aiutato in maniera fondamentale.”