11 febbraio 2021

«Next generation» incontro al domani

Il presidente nazionale Vittorio Bosio, nell'intervista pubblicata giovedì 11 febbraio nella pagina Stadium sul quotidiano Avvenire, interviene sul CSI del futuro

Importanti novità in vista. In attesa del nuovo governo Draghi, e di conoscere le sorti della Riforma dello Sport varata dall’ex ministro Spadafora, (la delega scade il 28 febbraio) come sempre il Centro Sportivo Italiano guarda avanti. Il 5 e il 6 marzo si terrà la XXII Assemblea elettiva nazionale incentrata sul tema “Generare Futuro”. Ad un mese dal voto, a spiegare il punto di vista dell’Associazione, che si è assunta “il dovere di costruire una nuova realtà” - sottotitolo dell’attuale fase elettorale associativa - è il numero uno in carica, Vittorio Bosio, candidato alla guida del CSI per il prossimo mandato fino al 2024.

Presidente, da quali basi partire per originare il domani delle prossime generazioni di sportivi?

Siamo di fronte, almeno per il futuro più prossimo, a tante incognite. Non sappiamo esattamente cosa stia succedendo ai nostri ragazzi, ai giovani. Né come usciremo da questa emergenza e come ne uscirà la generazione più interessata, quella per certi aspetti più fragile. La pandemia lascerà danni evidenti dal punto di vista sanitario ed economico. Altri danni, meno evidenti ma non meno gravi, quelli dal punto di vista sociale. Noi rappresentiamo, come Ente di promozione sportiva, una potenzialità enorme, diffusa su tutto il territorio nazionale. Dobbiamo fare il possibile per tutelare questo patrimonio.

Servizi, sostegni, incentivi per le società sportive: saranno questi i primi passi per far ripartire lo sport di base?

Non c’è altro modo. Dobbiamo saper creare le condizioni per riprendere il dialogo con i ragazzi e porre le basi affinché ritrovino il fascino dello stare insieme, della relazione, del gioco. Occorre sprigionare tutto il fascino dello sport: attrattivo ed accogliente, valido motivo per tornare ad uscire di casa. In questo ci possono aiutare solo le società sportive. Purtroppo i più giovani sono stati costretti a trovare una dimensione umana segregata, limitati fra quattro mura, senza poter incontrare gli altri. Li aiuteremo a riscoprire qual è il senso dello stare insieme. Un compito non facile. I ragazzi e i giovani sono “sopravvissuti” grazie ai social, alla tv, al gaming on li- ne… tutte cose valide, se nella giusta misura. Così invece è un disastro. Dovremo fare il massimo per aiutare le società sportive a riprendere a camminare. Lo sport di base ha bisogno di sostegni dal punto di vista economico. Stiamo tentando di dare un segnale di vicinanza, pur consapevoli che non è la soluzione del problema.

Cosa chiede il CSI al Governo?

Rispetto! Chiediamo che le persone chiamate a scrivere le regole dello sport sappiano di cosa parlano, conoscano gli ingredienti del piatto che stanno per cucinare. Altrimenti c’è il rischio di preparare ricette indigeribili. Chi governa deve avere l’umiltà di approfondire le tematiche che è chiamato a gestire. Lo sport di base è una cosa seria, non per dilettanti allo sbaraglio. Garantisce l’organizzazione dell’attività sportiva che accoglie, che educa, che forma. Compiti di grande valore e d’enorme dignità. Il mondo dello sport di base ha bisogno di sentirsi dentro una famiglia, all’interno di un “sistema nazione” che lo considera per il valore che ha. Lo sport è una fondamentale opportunità di stare insieme, di formarsi, di condividere momenti significativi della vita. Diciamo con orgoglio che lo sport, in un contesto educativo come quello del CSI, ha aiutato tanti a crescere nella maniera migliore.

Si è parlato ultimamente della nuova figura del “lavoratore sportivo”. Ma il tema del lavoro (come dell’impresa sociale, o della scuola) è sempre più centrale per il rilancio di questo Paese scosso dalla pandemia.

Ci aspettiamo che il governo metta mano alle norme e alle leggi per consentire di lavorare al mondo del volontariato e della promozione sportiva e sociale, che ancora esiste e resiste. La norma dovrà distinguere tra i professionisti, che hanno un percorso ben preciso e strutture specializzate al loro servizio, e i non professionisti, che mettono a disposizione il loro tempo per il conseguimento di obiettivi diversi. Queste persone hanno la necessità di sentirsi considerati e soprattutto di poter vivere sereni quando il loro impegno è genuinamente dedicato a seguire i giovani. Non è giusto che molti presidenti di società sportive dotati di grande cuore e generosità debbano vivere, angosciati da possibili errori fiscali o di altro genere. C’è una parte di società sportive che vive di poco e ha bisogno di un sistema sburocratizzato perché è la Nazione ad aver bisogno di loro e non viceversa. Il lavoro sportivo è una vicenda seria e il CSI è stato tra i primi a sostenere che andava normato. Ma un conto è proporre regole ragionevoli, eque, che possano essere rispettate da tutti, un altro conto è agire in modo ideologico, come se la soluzione dei problemi potesse essere affidata agli slogan. Non ho timore di dichiarare ad alta voce che quello proposto non è il sistema adatto. Senza essere né il sindacato dei lavoratori, né quello della controparte. Desidero tutelare i lavoratori dello sport e la società sportiva affinché possa operare in fiducia e continuare ad offrire il proprio servizio. Le nostre società, in larga maggioranza, non hanno pretese economiche, e sanno vivere con il minimo necessario per partecipare alle manifestazioni, ai campionati, per aggregare i ragazzi. Sarebbe saggio prevedere una fascia semplificata per queste realtà. Lo ripeto: il tessuto esistente delle società sportive di base è un bene di tutti che porta ricchezza alla Nazione!

Il CSI è sempre stato vicino ed attento ai bisogni del territorio. In questi giorni particolarissimi, in molte zone d’Italia sono emersi tentativi vari di intromissione, di invasione di campo rivolti alle società sportive. Come sono i rapporti con le Federazioni o con gli altri Enti di promozione sportiva?

Purtroppo atteggiamenti scorretti, come le sirene incantatrici, non mancano mai. Ma è il modo sbagliato di procedere. Che senso ha provare ad invadere il nostro campo d’azione? Mi chiedo e chiedo a tutti: chi è deputato a fare sport sociale? Per caso chi ha strutture milionarie, popolate di professionisti e collocate nel mondo del business? Lo sport con valenza sociale deve essere affidato a chi lo sa fare perché è una realtà con regole proprie, che opera soprattutto sui piani etici e morali. Il CSI peraltro può vantare un’esperienza di ormai 77 anni e non mi sembra poco. Ciò nulla toglie allo sport di grande livello, anzi. Chi ha talento e può arrivare alla grande prestazione, alle Olimpiadi o ai campionati dei massimi livelli deve avere la possibilità di continuare il proprio percorso. Non si migliora la situazione saltando da una competenza all’altra, cercando di prendere il buono in casa d’altri per appropriarsene. Purtroppo succede proprio così. Tanto che i rapporti con alcune federazioni e con altri enti di promozione sportiva soffrono di queste ambiguità. Sarebbe bene che ognuno facesse al meglio il proprio compito, senza pensare di portar via l’argenteria buona dalle case altrui. Infine ricordo che di spazio per lavorare tutti, ognuno secondo le proprie competenze, ce n’è: ci sono milioni di ragazzi che non fanno attività sportiva, che non sono curati da nessuno. È mai possibile che ci sia gente, ai livelli dirigenziali nazionali, che non si accorge di questo? Vittorio Bosio: «Occorre sprigionare tutto il fascino dello sport aiutando i nostri ragazzi a riscoprire la gioia dello stare insieme»

Il 5 e il 6 marzo l’Assemblea elettiva nazionale CSI. Intervista al presidente in carica, candidato alla guida dell’ente fino al 2024