Welfare e Promozione Sociale
28 marzo 2022

Conferenza finale per il progetto SAFE ZONE

Venerdì 25 Marzo si è concluso il progetto con la Conferenza Europea, tenuta a Roma presso gli uffici dell’Istituto IPRS ed in forma ibrida sulla piattaforma Zoom

Il progetto SAFE ZONE, iniziato nel gennaio 2020 si è concluso con la Conferenza Europea, tenuta a Roma presso gli uffici dell’Istituto IPRS ed in forma ibrida sulla piattaforma Zoom, venerdì 25 Marzo 2022.

La conferenza dal titolo “Sport-side stories: strategies to prevent youth radicalization and violence through sport practice”, è stata l’occasione per stimolare, tra allenatori sportivi, educatori giovanili ed esperti del settore provenienti da quattro paesi dell’UE, una riflessione in merito agli strumenti e le strategie più appropriate per la prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo violento tra i giovani.

Le storie e le esperienze degli allenatori sportivi e degli educatori, nonché le buone pratiche raccontate dagli esperti, hanno aperto un dibattito sulle potenzialità e le opportunità dello sport nell’affrontare la vulnerabilità e l’eventuale rischio di radicalizzazione tra adolescenti e giovani. Durante l’evento inoltre, sono stati condivisi i principali risultati del progetto SAFE ZONE.

Ad aprire la conferenza il Presidente di IPRS Raffaele Bracalenti che dopo una breve presentazione del progetto, ha passato la parola alla Project Manager, Alessia Mefalopulos che ha ricordato il principale obiettivo del lavoro svolto: aumentare la conoscenza, le abilità e la capacità degli allenatori e di altre figure chiave negli sport dei giovani per ridurre il rischio di radicalizzazione della violenza tra adolescenti. Grazie al progetto sono stati sviluppati e testati degli strumenti e delle metodologie di formazione di allenamento con l'obiettivo di prevenire la radicalizzazione e l'estremismo violento in tutti gli Stati membri.
Per radicalizzazione, nonostante i vari significati possibili, si è considerato il processo in cui un individuo viene persuaso ad accogliere un'ideologia, o un comportamento contrario alle norme della società per ricevere in cambio un riconoscimento e un senso di appartenenza a quel gruppo. Quindi radicalizzazione che comporta da un lato la capacità di persuadere e di manipolare, dall'altro lato una condizione di isolamento e di vulnerabilità soprattutto degli adolescenti.

Gli educatori sportivi giocano quindi un ruolo essenziale perché possono favorire l'inclusione attraverso la pratica dello sport e sono in grado di trasferire regole sociali e alcuni valori quali quelli del fair play, del rispetto, della fiducia sostenendo anche lo sviluppo dell’autostima negli adolescenti.
L’allenatore si trova infatti in una posizione ottimale per poter osservare dei cambiamenti nei comportamenti dei giovani e può quindi identificare eventuali rischi in maniera precoce. Lo sport è uno strumento valido di crescita personale soprattutto per gli adolescenti per cui può avere un'influenza sulla salute mentale e fisica e sullo sviluppo in generale dei giovani insegnando loro a gestire le emozioni e soprattutto eventualmente le sconfitte.

La parola è passata poi a Mariana Barbosa, dell’università di Porto secondo cui la prevenzione dei comportamenti negativi è importante e c'è un bisogno molto urgente di passare da una cultura della performance ad una cultura di condivisione attraverso lo sport. Lo sport infatti oltre ad essere uno strumento pedagogico è anche un mezzo di inclusione molto potente. Ha sottolineato inoltre il bisogno di implicare i genitori in questo processo di prevenzione della radicalizzazione. Nei vari paesi coinvolti nel progetto, non ci sono dei piani strategici nazionali o dei programmi specifici per impedire questa radicalizzazione e quindi c'è bisogno che vi sia un coordinamento a vari livelli. Grazie a SAFE ZONE sono state ideate delle linee guida europee per gli allenatori sportivi, per le autorità locali e anche per i politici, disponibili sul sito https://www.safezoneproject.eu/

Per il CSI è intervenuto Renato Marino, esperto di metodologia sportiva che ha illustrato tutte le potenzialità della pratica sportiva per prevenire la radicalizzazione violenta. Il CSI sin dal 1944 promuove l'educazione attraverso lo sport ed è proprio l'educazione la parola chiave del suo discorso. Lo sport educa infatti al rispetto delle regole, altrimenti non si potrebbe giocare, educa al fair play e quindi al rispetto per l'avversario. Lo sport diventa quindi sempre più un strumento di inclusione e di aggregazione, capace di contrastare la radicalizzazione violenta.

Si è passati poi alla prima tavola rotonda condotta da Goran Università Alma Mater studiorum della Slovenia dove sono intervenuti con le loro personali esperienze e racconti atleti e coach provenienti da diversi paesi europei. Le testimonianze hanno sottolineato l’importanza della formazione degli operatori sportivi, in quanto il loro ruolo è fondamentale nel riconoscere, prevenire ed intervenire per gestire il fenomeno.

Durante la seconda tavola rotonda, condotta da Eckart Muller dell’associazione CJD nord della Germania, argomento principale di discussione sono state le buone pratiche e gli esempi di successo di progetti e/o attività volte alla prevenzione della radicalizzazione violenza.

Un esempio interessante è stato quello della ri-socializzazione o la reintegrazione dei ragazzi. Alcuni ragazzi usciti dal carcere sono diventati arbitri. Lo sport ha permesso loro di concentrarsi sulle regole e di come è importante attuarle e rispettarle.


Le raccomandazioni finali per prevenire la radicalizzazione violenza sono innanzitutto insegnare ai bambini e ai giovani ma anche a tutta la società che non è importante solo il risultato, il voto, ma che occorre fare qualcosa di buono per sé e che magari in futuro potrà essere d'aiuto a qualcun altro. È una cosa che occorre fare, anche se è molto difficile perché tutto si basa su dei risultati o sul fatto di avere dei soldi e così via.

In secondo luogo, la più grande sfida futura è quella di fare in modo che i più vulnerabili possano avere accesso non solo allo sport ma che siano anche pienamente integrati nella società. Per fare ciò ci vuole l'impegno congiunto di tutte le figure che svolgono un ruolo importante nello sviluppo dello sport e dei giovani: gli istruttori, i direttori sportivi, gli allenatori ma anche della famiglia dei compagni di squadra ecc.

C’è davvero tanto lavoro da fare ma grazie al progetto SAFE ZONE e quindi alla Commissione Europea, è stato possibile analizzare diversi aspetti importanti creare degli strumenti per poter affrontare queste sfide: la radicalizzazione violenta ma anche, dopo due anni di pandemia, l'impatto che ha avuto sui bambini.