19 ottobre 2022

Normalizzare la diversità

Disabilità e inclusione al Move Sport di Bergamo

Al workshop CSI-LEDHA tenutosi il 19 ottobre alla fiera di Bergamo il presidente nazionale del CSI Bosio sottolinea: «accoglienza significa fare dello sport uno strumento al servizio delle persone, e non viceversa».

Parole incisive quelle che hanno aperto, ieri, il workshop “Progettare la libertà: lo sport come diritto… per tutte le abilità” organizzato da CSI Lombardia e LEDHA Lombardia a "MOVE CITY SPORT", la fiera dello sport per il benessere, il gioco e il tempo libero per tutte le abilità che si sta svolgendo a Bergamo.

Introdotti da Marco Zanetel, attività Terzo Settore e cittadinanza attiva, e coordinati da Maurizio Trezzi, giornalista professionista, i relatori ci hanno introdotti in un mondo che ancora troppo spesso viene considerato universo a sé stante, come se non toccasse nel vivo ciascuno di noi, come se addirittura non ci riguardasse, o comunque molto poco.

Rompe il ghiaccio, con molta forza, Vittorio Bosio, presidente nazionale del CSI. «È da sempre che il CSI mette lo sport al servizio della persona. La persona ha sempre rappresentato il centro di tutto il nostro lavoro. E per “persona” noi intendiamo persona. Punto. Con abilità o disabilità. Non abbiamo mai considerato la persona disabile come parte “diversa” o meglio, non abbiamo mai dato alla parola “diversità” un’accezione negativa. La disabilità per noi è normalità e va accolta. E la accogliamo da molto prima che si cominciasse a parlare di paralimpiadi! Perché per noi la disabilità è anche, se non soprattutto, quella che non arriverà mai alle paralimpiadi, quella che molto spesso ci ha dato grandi lezioni di vita. So che incorro nel rischio di critiche di cattolicesimo bigotto ma per noi, come CSI, come ente di promozione sportiva, è essenziale prima di tutto voler bene. Poi tutto il resto».

Gaetano Paternò, presidente CSI Comitato di Bergamo, pone l’accento sulle persone che si impegnano a perseguire gli obiettivi del CSI, perlopiù volontari, portatori, nelle varie società facenti capo al CSI, del valore fondamentale dello “stare accanto”.

Carlo Boisio, presidente del CBI – Coordinamento bergamasco dell’inclusione e referente di Bergamo per LEDHA, ci racconta di quanto lo sport sia un tassello privilegiato per realizzare l’inclusione sociale. Lo sport significa benessere fisico ed emozionale, significa autodeterminazione nella possibilità di scegliere, significa sviluppo personale dell’autostima e dell’autonomia. Significa relazioni personali… ed ecco allora l’inclusione sociale.

Intervento graffiante, quasi quanto le unghie sulla lavagna, quello di Davide Iacchetti, laureato in medicina con specializzazione psichiatria e componente della Commissione Nazionale CSI - attività paralimpiche. Ci colpisce subito con la sfida del NOI… NON LORO!

La disabilità ci mette a disagio, ci inquieta. E allora ci difendiamo con il: LORO, NON NOI. Che significa rifiuto, esclusione fisica, emarginazione. Oppure ci barrichiamo dietro al pietismo… “poverino”… o dietro la negazione della diversità, o ancora l’idealizzazione della diversità come valore. Ma non è vero! Non è vero che siamo tutti uguali, non è vero che la diversità è sempre un valore. Spesso è una fatica. Una grande fatica. Noi tutti siamo contemporaneamente UGUALI E DIVERSI. E come siamo tutti uguali? Nel riconoscimento di quello che valiamo come persone, nell’autostima, nell’amarsi come si è, nel senso di appartenenza, nel sentire di contare per gli altri, nel poterci donare, nel voler essere felici!

Eccoci quindi al dilemma dello sport: la necessità di definire delle regole senza creare automaticamente delle esclusioni. Ma è un dilemma che può essere sciolto, o almeno ci si deve provare, attraverso la fusione di modelli organizzativi diversi, quello della specializzazione e quello dell’inclusione, per arrivare finalmente al modello della normalizzazione: lo stare insieme nella diversità. Ma ci vuole coraggio. Il coraggio di cambiare.

La parola passa a Felicia Panarese, Segretario territoriale di Sport e Salute, che illustra dettagliatamente i progetti e le iniziative offerte da Sport e Salute a livello regionale.

Massimo Achini, presidente Comitato CSI di Milano, si inserisce nel dibattito portando la sua esperienza personale e raccontandoci storie di ordinaria inclusione, “storie che non fanno rumore” le definisce lui. E allora conosciamo Francesco, ragazzino escluso solo perché meno bravo dei compagni. Gianni, che porta con sé rabbia e disagio familiare che lo conducono, come per Francesco, all’esclusione. Anche queste sono situazioni in cui l’inclusione ha ben poco a che fare. Achini racconta anche di progetti CSI realizzati ad Haiti con CSI per il Mondo, o nel quartiere milanese di Selinunte, zone abbandonate a sé stesse alle quali nessuno avrebbe dato una chance e dove invece il CSI è riuscito a fare inclusione… a partire dalle quattro mura che sono strumento privilegiato per fare inclusione, tra il sudore, le panchine e le docce spesso fredde: lo spogliatoio di una squadra. Si parla anche di progetti realizzati in sinergia con le squadre professionistiche, ad esempio nel carcere minorile Beccaria. O di allenamenti integrati con giocatori di squadre di serie A. Achini termina chiarendo che lo sport è un’eccellenza per l’inclusione, ma serve che le istituzioni lo aiutino.

A concludere il workshop Armando De Salvatore, responsabile CRABA - LEDHA, sul tema "progettare la libertà” attraverso l’eliminazione delle barriere fisiche, ma anche comunicative, grazie a spazi e servizi accoglienti, e Alessandro Munarini, responsabile nazionale CSI della attività paralimpiche che rimarca quanto lo sport sia fondamentale, quasi terapeutico, per il benessere emozionale della persona. Il CSI ha commissioni tecniche per ogni disciplina sportiva, comprese le discipline con atleti recanti disabilità e, mentre sappiamo esserci luoghi in cui i ragazzi con disabilità vivono ancora in situazioni di esclusione totale, i dati CSI, a settembre 2022, parlano di 7877 atleti con disabilità (conteggiati per puro scopo statistico e per l’ottenimento di contributi a loro dedicati) e 684 società che includono, nelle loro squadre, atleti con disabilità.

I saluti finali vengono affidati alle testimonianze di chi da anni segue progetti sportivi inclusivi: L’ASD GS Bresso 4 che ha raccontato di calcio integrato e non solo, l’associazione Tikitaka che ha dato testimonianza del proprio vissuto nel rapporto sport e inclusione e spunti interessanti sono arrivati infine anche dalle associazioni L’Impronta di Bergamo con il progetto Senzacca e Fuorigioco operante nelle zone mantovane. 

Parole di tutto rispetto, quindi, da tutti i relatori e i testimoni intervenuti alla tavola rotonda di ieri mattina, come Paolo Fasani – Presidente del Comitato Regionale CSI Lombardia e di Alessandro Manfredi – Presidente LEDHA Lombardia., che hanno presentato il percorso condiviso dal CSI Lombardia e LEDHA. Parole sentite che ci fanno davvero ben sperare che non restino solo parole.

 

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