-IL PUNTO- Accendiamo la passione dei nostri giovani
Bisogna essere per forza cristiani per essere un buon educatore nel CSI? È una domanda che affiora spesso nei convegni e nei campus formativi. Questa stessa domanda, carica di ansia, mi è stata rivolta qualche giorno fa da uno dei tanti giovani partecipanti al campus nazionale per educatori sportivi di Nocera Umbra. A lui ho ricordato le parole sapienti dell’allora cardinale Joseph Ratzinger alla conferenza di Subiaco: «Il tentativo, portato all’estremo, di plasmare le cose umane facendo completamente a meno di Dio ci conduce sempre più sull’orlo dell’abisso, verso l’accantonamento totale dell’uomo…. Anche chi non riesce a trovare la via dell’accettazione di Dio dovrebbe comunque cercare di vivere e indirizzare la sua vita come se Dio ci fosse. Questo è il consiglio che Pascal dava agli amici non credenti; è il consiglio che vorremmo dare anche oggi ai nostri amici che non credono. Così nessuno viene limitato nella sua libertà, ma tutte le nostre cose trovano un sostegno ed un criterio di cui hanno urgentemente bisogno». Essere cristiani è un valore aggiunto, una marcia in più che spinge il cuore di un educatore o di un allenatore a portare l’attività sportiva anche lì dove ci sono gli «ultimi», i «difficili», i «maleducati» della nostra società. Se pensiamo allo sport come ad una risorsa davvero educativa da mettere a disposizione di tutti i ragazzi, c’è bisogno che la qualità tecnica sia «accesa» e alimentata da una passione per la promozione della persona umana quale può venire soltanto da un senso della carità che nessun corso universitario può conferire. Certo, il cammino di un giovane educatore è lungo e molto esigente, e ciò di cui egli ha urgentemente bisogno in questo momento della storia è avere come riferimento adulti che rendano Dio credibile nel mondo dello sport. L’anima e il carisma del Centro Sportivo Italiano non si colgono solo nelle parole e nei discorsi dei dirigenti e degli educatori. Si coglie nelle azioni sportive, negli allenamenti, nei gesti concreti. Si respira nell’aria, nella squadra, nel gioco, nell’organizzazione sportiva, nell’amicizia, nelle relazioni. Questa è stata e continua ad essere la straordinarietà di un progetto associativo che ha fatto dello sport un potente strumento educativo e di integrazione sociale. La sfida educativa è fondata sull’esperienza. L’esperienza non nasce tanto dal praticare una disciplina sportiva, quanto dal praticarla insieme ad altre persone, dentro un gruppo, una società sportiva, un oratorio, una parrocchia. Esperienza di senso è soprattutto è fare sport trattenendone il valore. «Vagliate tutto e trattenetene il valore», diceva San Paolo. Solo così si cresce e si diventa migliori…