-IL PUNTO- Dai banchi al campo, il malessere da curare

Sembra essere nato un filone nuovo nella storia di violenze e telefonini che sta caratterizzando l’attuale stagione della scuola italiana. A febbraio abbiamo letto di una preside di Civitavecchia, picchiata dalla madre di una alunna, alla quale si rimproverava di comportarsi da “bulla” in classe. Qualche giorno fa, a Ferrara, una mamma è finita agli arresti domiciliari per aver picchiato il professore di ginnastica del figlio. Subito dopo è toccato ad un preside di Bari, picchiato dal padre di un’alunna, rea di non essere andata a scuola. E si ha l’impressione che ciò che affiora in cronaca non siano i colpi di una follia isolata, ma il segno di un malessere che ormai investe tutti, ragazzi e adulti, o meglio mette in campo tutti contro tutti in una corsa caotica a darsi ragione da soli, con le buone o con le cattive. La scuola è solo lo sfondo di questo conflitto, la vetrina di un malessere che in realtà chiama in causa ogni componente educativa. Tant’è che il ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, ha commentato: «In Italia c’è un’emergenza del vivere civile e del rispetto delle regole che riguarda tutti: scuola, genitori, famiglie e mass media. È un fenomeno di fronte al quale ciascuno deve assumersi la propria parte di responsabilità perché si tratta di un problema del Paese, certo non solo della scuola». Nello specifico, ciò che primariamente deve essere chiamato in causa è una sopraggiunta confusioni di ruoli. I genitori sembrano essere dimentichi del loro ruolo di educatori, e del fatto che educare non significa sempre dire di sì, essere compiacenti, fornire alibi, vedere nel proprio ragazzo una creatura… capolavoro che deve essere sempre servita, da chiunque, e che non può mai essere messa in discussione. È in corso quasi una pedagogia dell’accondiscendenza che sta facendo danni infiniti. Lo sanno bene gli educatori sportivi del CSI: troppe volte vengono investiti da genitori che non tollerano un’esclusione di squadra del figlio o un semplice richiamo alla correttezza dei comportamenti. Si dice che la famiglia sia troppo sola, di fronte alla sua “mission” educativa. È vero, ma bisogna aggiungere che spesso essa fa di tutto perché ci si stanchi di aiutarla.