-IL PUNTO- Dirigenti, non manager, per guidare lo sport

In settimana è stato presentato il primo Rapporto Luiss sulla classe dirigente italiana. Le sue conclusioni sono piuttosto dure: i dirigenti del Paese sarebbero autoreferenziali, utilitaristi, mediocri e incapaci di identificarsi nell’interesse generale; mancherebbero di visione strategica, di capacità di innovazione e creatività, di qualità decisionali e finanche di credibilità e senso etico. Questo scoraggiante quadretto vale anche come riflessione per tutto il mondo dello sport, compreso il CSI. Da una parte, c’è una sorta di «sfinimento» della classe dirigente «anziana» e dall’altra, si sta affacciando una nuova classe dirigente tutta appiattita sulla voglia di fornire servizi sportivi collaudati al mercato, muovendosi più come prestatori d’opera che come gente animata dalla voglia di rischiare, di dare risposte autentiche ai bisogni umani profondi delle persone, e dei giovani in particolare. Si moltiplicano i bravi organizzatori e i venditori di tornei sportivi, mentre si assottigliano le fila di chi ritiene che il suo primo dovere sia lavorare per dare speranza alle persone attraverso esperienze sportive ricche di senso. Nel tempo dell’usa e getta e di forte aridità culturale, c’è il pericolo che anche i dirigenti sportivi guardino allo sport soltanto in funzione di interessi personali e di tornaconto… Altrove può anche essere accettabile, sopportabile, ma nel CSI le aspettative sono altre. Ad imporlo è l’identità cristiana dell’Associazione, e la «missione» educativa che ne deriva. L’identità cristiana non può essere uno slogan né un limite, deve essere un impegno e una risorsa, un valore aggiunto che richiama alla responsabilità e al dovere di risvegliare continuamente la coscienza morale e politica di ogni dirigente, ai diversi livelli associativi, per «costringerlo» a riproporre con coraggio, in ogni momento della quotidianità, il patrimonio di valori e contenuti della tradizione cattolica. Bisogna ritrovare il coraggio della militanza. Essere dirigente in un’associazione come il Centro Sportivo Italiano non si identifica con il semplice occupare una carica. Per cui l’impegno stringente al quale siamo tenuti è quello di «selezionare» i dirigenti, per poi accompagnare la loro crescita attraverso percorsi formativi permanenti. Questa è l’unica via per ridare pensiero strategico e culturale al continuo sviluppo dell’associazione e per abilitare una nuova classe di dirigenti qualificati e motivati, ma soprattutto capaci di avere a cuore il destino e la vita dei ragazzi di questa nostra Italia.