-IL PUNTO- Cambiamo volto a questo calcio business

Ed infine anche loro, i sacerdoti, sono entrati di forza nell’acceso dibattito sul mondo calcistico. Senza la pretesa di possedere le formule magiche per risolvere i problemi, senza esprimere giudizi di colpevolezza o formulare proclami moralizzanti sul calcio, i sacerdoti hanno semplicemente deciso di scendere in campo. La Clericus Cup, manifestazione pubblicizzata sulla carta stampata e sui siti Internet di tutto il mondo, ha acceso l’interesse popolare sui volti di quattrocento giovani che da «grandi» non vogliono diventare campioni strapagati, ma che già hanno preferito la preghiera, la consacrazione a Dio e il servizio alla Chiesa per essere felici. Bisognerà stringere i denti affinché l’evento mediatico e le curiosità giornalistiche non sovrastino gli obiettivi dichiarati: anzitutto testimoniare che lo sport è un valore positivo. Poi ricordare che alla Chiesa stanno a cuore tutti i giovani, anche quelli che praticano lo sport e il calcio ed infine proporre il modello sportivo CSI dell’«educare attraverso lo sport» (ma anche evangelizzare attraverso lo sport!) a quanti ancora non lo conoscono o, con un po’ di coraggio e profezia, esportare l’esperienza CSI nelle chiese di tutto il mondo. C’è, in tutto questo del coraggio: il coraggio della profezia ed un pizzico d’incoscienza. Carlo Petrini, uno dei più noti calciatori italiani degli anni Settanta, ha pubblicato qualche tempo fa il libro Nel fango del Dio pallone. Una coraggiosa auto-confessione sull’ipocrisia, le partite «vendute», il doping e gli espedienti per eludere i controlli, i soldi «in nero» e le sfrenatezze sessuali. Lo ha chiamato «Dio pallone», perché gli sponsor, le televisioni, il pubblico pagante, i giornalisti, business… avevano creato una divinità intoccabile, popolata di intoccabili. Ma ecco ora scendere in campo un gruppo di sacerdoti disarmanti: potrà essere ancora calcio se ai fumogeni viene sostituito il fumo d’incenso? Se ai canti razzisti in curva si sostituiscono gli inni mariani e ai gesti volgari si contrappongono genuflessioni e movimenti religiosi? Se al posto dell’espulsione scatta l’ora di adorazione e le ragazze «pon pon» sono suore col rosario in mano? Non scherziamo! La liturgia dello stadio è una liturgia laica ma pur sempre liturgia di vita che affascina e seduce molti giovani. Proviamo a cambiare la regia, con sacerdoti veri, celebranti per il Dio della vita, e se questo «Dio Pallone» ancora non cambierà … beh, almeno noi ci abbiamo provato concretamente.