Ha ragione da vendere il presidente del Coni, Gianni Petrucci, quando sostiene, come ha fatto in occasione della festa dello sport azzurro in Quirinale, che «la parola sport deve entrare nella Costituzione italiana, anche considerando quello che è stato già fatto in Europa». Ha ragione perché il riferimento al valore sociale di ogni forma di sport già esiste in vincolanti documenti dell’Europa unitaria. Ha ragione perché al di là delle Alpi, in paesi sportivamente anche più evoluti del nostro, il concetto è spesso già affermato. Ha ragione, infine, da un punto di vista strategico tutto italiano: riconoscere il valore sociale dello sport è la premessa perché l’accesso alla pratica sportiva sia riconosciuto come diritto di ogni cittadino, e quindi materia di politiche pubbliche. Petrucci, evidentemente, ben si rende conto che è necessario strappare le sorti dello sport italiano all’aleatorietà in cui oggi vive, con finanziamenti mai certi, puntualmente messi in discussione ad ogni Legge Finanziaria come se lo sport fosse, appunto, attività di discutibile rilievo sociale. E fa bene il presidente del Coni a non temere che un riconoscimento costituzionale possa aprire la strada ad uno sport interamente pubblico, con un Ministero dello sport che fagocita compiti e risorse del Comitato Olimpico. Non sono più tempi per lo sport di Stato, e le libere associazioni come il CSI sarebbero le prime a contestare un simile indirizzo. Purtroppo la serena e realistica visione di Petrucci sembra si scontri al Foro Italico con le opinioni di chi vede come la peste il riconoscimento costituzionale, temendo una diminutio dell’autonomia dello sport. Chi conosce la storia dello sport italiano sa che la faccenda dell’autonomia assoluta è stata spesso usata come una foglia di fico dietro la quale nascondere la voglia di fare a modo proprio, senza rendere conto ad alcuno, badando agli interessi di pochi piuttosto che a quelli di tutti. Lo sport concepito come diritto dei cittadini rappresenta una minaccia solo per chi pensa che lo sport italiano debba restare vincolato agli esercizi di potere di chi vuole gestirlo come il cortile di casa propria. C’è invece un interesse più largo, collettivo, da perseguire, e in particolare tenendo conto del rilievo che lo sport assume sul versante educativo. Per molti ragazzi l’attività sportiva rimane l’unica opportunità per andare a scuola di valori e fare un’esperienza positiva di vita. Garantire con un passaggio costituzionale che sia davvero così, sarebbe cosa buona e giusta.