Il mondo di corsa a Gerusalemme

Circa 400 partecipanti alla Maratona della Pace. Giusy Versace madrina dell'evento. Il presidente del Csi Achini: Due obiettivi per il futuro: un forum con i grandi capi dello sport internazionale e consentire alle Nazionali in guerra di ritrovarsi qui in Terra Santa.

DA AVVENIRE - 25 ottobre 2011 

GERUSALEMME È un’alba chiara, solare e pacifica quella di Gerusalemme. È l’alba del JPII Games 2011, i Giochi dedicati a Giovanni Paolo II, il “Papa sportivo”, e della Maratona della Pace. Gli oltre 400 pellegrini-maratoneti del Centro Sportivo Italiano e dell’Opera Romana Pellegri­naggi arrivati in Terra Santa, scaldano i musco­li e il cuore. Indossano le maglie e le tute d’or­dinanza, perché questo è un giorno davvero spe­ciale. È la corsa pacifista che per l’ottava edi­zione riesce nel “miracolo” che spesso manca ai potenti della terra: mettere insieme, palestine­si e israeliani. Di corsa, uniti, gomito a gomito, in una gioia sudata e che sa di tregua vera, nel tracciato splendido (qui nacque Gesù duemila anni fa) e doloroso (qui si combatte da sempre) che va da Betlemme a Gerusalemme. Dodici chilometri di speranza per una pace che tutti invocano in Piazza della Natività. Una piazza che si tinge dei colori dell’arcobaleno. Il picco­lo Amin vende collanine con la bandiera della Palestina a un euro. «Prezzo scontato per amici italiani», dice ridendo con la sua bella faccia da scugnizzo palestinese che per un giorno ha ma­rinato la scuola, perchè voleva esserci alla par­tenza della Maratona. Amin è il simbolo del fu­turo di questo Paese che studia e lavora e che chiede a gran voce: “Peace. Stop the war”.

Betlemme si lecca le ferite sanguinose dell’inti­fada, ma questo è un momento di calma appa­rente e lo sport con il suo linguaggio universa­le prova per un giorno ad abbattere l’oltraggio­so muro che divide i due popoli. Un muro che oltre ad aver seminato troppe morti, prevede un
dispendio economico assurdo. «Ogni chilome­tro di muro costa 1 milione di euro. E loro, gli i­sraeliani, ne hanno progettati mille di chilome­tri », spiega Salah che ha appena sfornato dolci e pane arabo dal suo panificio. Contraddizione umana vuole, però, che spesso il cemento e la manodopera la forniscano le stesse ditte pale­stinesi. Ma rispetto al 2004 (prima edizione del­la Marcia della Pace) Betlemme si presenta con uno spirito ottimista. «Sette anni fa c’erano so­lo due alberghi, adesso ne hanno aperti altri die­ci », dice Beshir, operatore turistico che parla un italiano fluente, imparato nei primi anni ’90 al­l’Università degli stranieri di Perugia. Intanto la Maratona sta per cominciare.

Dopo il saluto del sindaco di Betlemme, Victor Batarseh, si accende la “fiaccola della pace”. A portarla sul palco delle autorità è una tedofora, Giusy Versace. Sale lentamente per via delle due
protesi in fibra di carbonio, le “cheetah” come quelle di Oscar Pistorius, che anche lei usa per corre in pista. Giusy cinque anni fa ha avuto un incidente stradale in cui ha perso tutte e due le gambe, ma non si è mai data per vinta. «Essere qui al via di questa maratona per me vuol dire prima di tutto dare un segnale di pace e di soli­darietà, ma serve anche a lanciare un messag­gio a tutte le persone disabili, affinché non re­stino chiuse nelle loro quattro mura di solitudi­ne, ma provino ad uscire e se possibile a fare sport». Messaggio arrivato da tempo e messo in pratica da Isabella Vicanò - campionessa italia­na e vicecampionessa del mondo paralimpica di tiro a segno - che, spinta dal marito Alberto Fanfoni, ha tagliato con la sua carrozzina l’arri­vo intermedio del check-point. Un’andatura vo­lutamente lenta, di intensa riflessione, con la fiaccola che passa da una mano all’altra, in una
staffetta in cui si mescolano lacrime di gioia ai cori festosi dei “73 angeli” di Haiti, scampati al terremoto del gennaio 2010. Sono i ragazzi di Port-au-Prince di Padre Rick Franchette che al comando del suo gruppo scatta atletico e di­spensa saluti ai palestinesi che, incuriositi, si af­facciano dalle botteghe e dalle finestre dei pa­lazzi al passaggio della “nuvola bianca”.

Alla fine quasi tutti i pellegrini-maratoneti arri­vano di corsa al check-point. Lì, a un passo dal­le altane dei soldati israeliani era stato predi­sposto un campo da calcio a 5. Un piccolo cen­tro sportivo improvvisato, in cui il clima di festa confonde anche le mimetiche verdi dei milita­ri israeliani con il kalashnikov sempre a porta­ta di mano. “Ridateci il pallone”, sta scritto sul muro dalla parte palestinese, all’altezza del Ca­ritas Baby Hospital in cui opera suor Donatella Lessio che, puntuale come ogni anno, è lì sul ci­glio
della strada in attesa del passaggio della Ma­ratona. È il murales ironico, opera di qualche ragazzino che ha calciato troppo forte e il pal­lone ha scavalcato il muro senza più tornare in­dietro. Oggi invece quel pallone rimbalza in li­bertà nelle sfide incrociate tra la rappresentati­va palestinese e quella israeliana, i giovani del­la Lega Pro e una delegazione di ex azzurri (Pe­ruzzi, Di Biagio, Pecchia e lo “straniero” Andrea Abodi, presidente della Lega di Serie B) capita­nata dal presidente dell’Assocalciatori Damia­no Tommasi. Il momento più forte del qua­drangolare è il “derby” inedito Israele-Palesti­na. «Hanno vinto gli israeliani è vero, ma quel­le strette di mano prima e dopo la partita val­gono molto di più di tante parole», dicono il di­rettore generale della Lega Pro Francesco Ghi­relli e padre Ibrahim Faltas, che il 23 di novem­bre si ritroveranno ancora ad Assisi per la sfida di “ritorno” (dopo l’andata di giugno a Hebron davanti a 25mila spettatori) tra la Nazionale del­la nostra vecchia Serie C e quella della Palesti­na.

Alla fine, all’arrivo a Gerusalemme (a Notre Da­me), ognuno dei partecipanti ha coronato il suo piccolo, grande sogno. La Maratona del 2011 termina qui, ma al Csi pensano già alla prossi­ma. «Due obiettivi per l’immediato futuro - di­ce il presidente del Csi Massimo Achini - ; orga­nizzare a Gerusalemme un forum con i grandi capi dello sport internazionale, Cio, Fifa e Ue­fa; poi consentire alle Nazionali dei Paesi in guer­ra, di ritrovarsi qui in Terra Santa». Un augurio e una benedizione che arriva direttamente dal­la “preghiera” di Papa Giovanni Paolo II che ha lasciato detto: «Signore Gesù aiuta questi atleti a essere tuoi amici e testimoni del tuo amore».

MASSIMILIANO CASTELLANI

Disponibile su press-kit AREA (www.csi-net.it) videoclip (3 minuti) maratona in Terra Santa

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